ZIÚR, U Feel Anything?
I believe you can only tell that something is harsh when you have a soft side to compare it to. If everything is amazing then nothing is, right?
Queste le parole con cui Ziúr, da Berlino, accompagna l’uscita del suo primo album sulla lunga distanza, una co-produzione tra la sempre attenta Planet Mu di Mike Paradinas e quella Objects Limited già fattasi notare, a inizio anno, per la compilation Object: Resistance, a cui prendono parte nomi a noi già noti quali N-Prolenta e Flora. Gestita da Lara Rix-Martin, compagna dello stesso Paradinas e sua sodale nel progetto electro-pop Heterotic, l’etichetta di Brighton vuole sostenere il non-binarismo di genere dando alle stampe musica prodotta da artisti queer, promuovendone la presenza (la loro ma anche quella delle donne che come tali si identificano) negli eventi e ai festival. Probabilmente avrete già intuito qual è il terreno su cui si muove Ziúr, a maggior ragione se non vi siete fatti scappare il nostro approfondimento su Purple Tape Pedigree.
Diciamo subito che questo U Feel Anything? ti sbatte in faccia quello che ha da dire; piuttosto che chiederti come stai, preferisce farti un’altra domanda, più sottile: “cosa senti? Senti qualcosa?”. Verrebbe da dire lo stesso per gran parte di quei producer (e sono sempre di più) che ad oggi impegnano se stessi nello sforzo di destabilizzare l’universo delle musiche da club, scucendone i dogmi e rinnovando l’impatto su chi quelle musiche le ascolta e le vive.
Le tracce di U Feel Anything? sono episodi di puro fermento se si eccettua l’intro ambientale, a base di synth (?) e tagli vocali, di “Human Life Is Not A Commodity”. Già la successiva title-track pone una misura che scopriremo valida per l’intero ascolto o quasi: spasmi muscolari, angolature, rumori solo all’apparenza accidentali, contorni di basse frequenze. E non mancano i tratti ricorrenti del “genere”, dal vetro in frantumi ai frammenti ritmici al mitragliatore. Brani come “Cipher” o “Don’t Buy It”, per dire, ricordano la furia contenuta e dirompente di una Kablam (al netto però di ogni deriva post-gabber), mentre la conclusiva “Fractals” è una serie di schegge impazzite: nel corso dei suoi quattro minuti scarsi dimostra svariati lati di uno stesso carattere irrequieto. Tutto si sfalda prima ancora di acquisire una forma ben definita, poi a un certo punto parte un cortocircuito (a)ritmico scandito dalle note di una chitarra secca e distorta, memore dei precedenti punk della ragazza, fino agli ultimi secondi di sciabordio metallico e voci alterate in stato di lamento. Qualcosa del genere ti lascia ben poco da afferrare, nessun appiglio cui aggrapparti, eppure smuoverebbe qualunque dancefloor, esclusi quelli popolati da soli Ben Klock-maniaci. In altri frangenti è invece un animo pop a venir fuori: prendete le vocals (in realtà mancano di rado, ma qui fanno melodia) di “Soaked” e il loro costruire una sorta di ritornello, oppure fate caso a un brano come “Laughing And Crying Are The Same Things”, che, grazie anche al contributo vocale della svedese Zhala, cerca a tutti i costi di essere una canzone tout-court, più o meno riuscendoci.
Va detto che di dischi simili a questo U Feel Anything? c’è ormai una certa abbondanza. Ma il bello di queste musiche sta anche nel loro vicendevole assecondarsi, instaurando un verbo nuovo e mai univoco, dove è raro che un artista navighi nell’hype più di altri a lui simili (ok, succede anche questo: vedi l’attesa dietro al nuovo disco di M.E.S.H. appena annunciato). Ammesso siate già avvezzi alla materia, una chance a Ziúr fareste bene a darla. In caso contrario partite da altrove, ma poi ricordatevi di tornare.