Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

ZELIENOPLE, Hold You Up

Nel mio mondo ideale, ispirato a principi di giustizia e bellezza (vera, non grande), gli Zelienople riempirebbero non dico gli stadi ma almeno i palasport di ogni continente e le major farebbero a gara per averli in catalogo. Invece rimangono tutto sommato una band di nicchia, oggetto di un culto più o meno sotterraneo da parte di chi ricerca nel postrock – macrocategoria in cui viene più o meno arbitrariamente inserito il trio – non tanto la capacità di sovvertire le strutture canoniche del rock e di dilatarle in paesaggi che si estendono a perdita d’occhio, oppure la commistione con altri generi, quanto l’abilità nell’elaborare trame raffinatissime, che nel caso della formazione di Chicago sono fatte di poco e sembrano quasi sfaldarsi fra le mani.

Attivo dai primi anni Zero, il terzetto formato da Matt Christensen (voce e chitarra), Brian Harding (chitarra e clarinetto) e Mike Weis (percussioni) fonda la propria idea di musica su di una consolidata attitudine improvvisativa e parimenti su di un legame con la tradizione folk americana più che con il rock vero e proprio. Quest’ultimo aspetto è particolarmente vero nel loro ultimo lavoro in cui, come nella title-track e nella successiva “You Have It”, la folk song viene trasfigurata in un corpo diafano, avvolto per di più da una coltre di bruma elettrica e ticchettii: al solito straordinario è il lavoro di Weis – qui alle prese più con le percussioni che con una batteria regolamentare – il quale conferma il suo talento nel non suonare mai un colpo di troppo. Il mood del disco è malinconico e pensoso, talora ipnotico (vedi traccia 6, “America”), talora inaspettatamente pop (vedi traccia d’apertura, “Safer”); viene da fare un accostamento, già ampiamente adoperato altrove ma calzante, con gli ultimi Talk Talk, per quanto gli Zelienople sembrino ancora più liberi nel loro modo di organizzare il suono. Sicuramente non è il loro disco più riuscito, non siamo nemmeno vicini a vette come Stone Academy o Ink, ma si lascia comunque ascoltare e rimane una buona prova, coerente con il loro concetto di musica.