ZEIT, Zeit
Nonostante la pandemia e lo stop forzato alle attività live, per nostra fortuna continuano a uscire dischi a ricordarci quanto la musica sia per noi elemento tanto più vitale e necessario alla sopravvivenza quanto più le condizioni esterne e la vita quotidiana sembrano schiacciarci in una routine priva di possibili vie d’uscita, tra lavoro e incombenze quotidiane ben poco edificanti. Ecco, in questo momento il sapere che etichette e band, soprattutto nella nostra micro-bolla di riferimento, continuano a combattere la loro guerra fatta di suoni e messaggi disallineati ci offre una spinta importante per non cedere e sperare in una luce in fondo al tunnel del distanziamento sociale. Mi rendo conto che questo cappello introduttivo poteva valere per molte altre recensioni, ma il motivo per cui l’ho scelto proprio per introdurre il nuovo lavoro degli Zeit è il forte legame presente nella mia mente tra il nome della band e quelle occasioni sociali che siamo stati costretti a mettere in stand by per la nostra e l’altrui incolumità. Sia come sia, i dieci brani che compongono questo disco sembrano nati proprio per riprodurre attraverso le casse dello stereo quella energia che ci si aspetterebbe da un concerto, con gli strumenti che faticano a restare imbrigliati in strutture rigide nonostante la precisione e la costruzione quasi matematica nel suo reiterare e spezzare le singole parti. Così, l’impressione è quella di un organismo che si contorce e si dimena per sfuggire alle proprie catene, tra intensità hardcore, potenza metal e attitudine iconoclasta del noise più urticante, il tutto giocato sulle interazioni tra un’impressionante sezione ritmica e suoni di chitarra ricchi di profondità, si limitino a singole note in sequenza (cfr. “Republic”) o le stesse siano fatte esplodere all’unisono. Sul tutto, la voce declama e si dispera, impreca e si ripiega su sé stessa in una girandola di cambi di umore e tensione in linea con le parti strumentali, per offrire all’ascoltatore un senso di continua instabilità e di minaccia imminente. Un vero peccato non poter ascoltare questi brani su un palco, almeno per il momento, eppure questo è uno di quei casi in cui il disco sembra riflettere in modo vivido ciò che ci aspetterà una volta liberati da questa inattività forzata.