ZEALOT R.I.P., The Extinction Of You
Gli americani Zealot R.I.P. hanno debuttato nel 2019 con un ep omonimo uscito per la Three One G di Justin Pearson (The Locust, Dead Cross, Deaf Club…), la stessa label che ospita anche il disco di cui vi parliamo oggi. La band ha un pedigree di tutto rilievo, visto che al suo interno troviamo gente che ha suonato con Pig Destroyer, Darkest Hour, Frodus e CombatWoundedVeteran, un background che finisce triturato in brani dalla durata decisamente ridotta (a parte la finale “Covered In Flies”, su cui torneremo a tempo debito) e da titoli decisamente rappresentativi di quanto è caustica la musica. La formula adottata qui è, infatti, composta da furioso post-hardcore venato di noise-rock urticante e con una punta di death alla Entombed per ricreare una macchina in grado di polverizzare tutto ciò che venga risucchiato al suo interno. La velocità di crociera non è sempre sostenuta e in brani come “Worship the Serpent” si sentono i riverberi degli Unsane più feroci, con un evidente richiamo a paesaggi urbani e industriali, tra colate di cemento e martelli pneumatici a chiudere ogni orizzonte a vista e udito così da aumentare la sensazione di claustrofobia. I rimandi al death che filtrano dalla parte centrale della successiva “Magnetic Field of Dreams” aggiungono un effetto straniante sottolineato anche dall’ulteriore cambio di paesaggio che rimanda alla scena postcore anni Novanta, tutto nell’arco di neanche due minuti. Il modo di procedere fluido e senza stacchi netti dimostra come quella degli Zealot R.I.P. non sia una semplice giustapposizione di input differenti ma un tentativo (riuscito, ci sentiamo di aggiungere) di costruire una modalità espressiva che attinge dall’esperienza dei musicisti coinvolti ma punta alla creazione di una personale cifra stilistica. Gli oltre cinque minuti di “Covered In Flies” lasciano alla band il tempo di scatenare un’esplosione di feedback, voci distorte e interferenze che si ricompongono solo nella parte finale a riprendere il riff ossessivo che aveva aperto il brano per una chiusura del lavoro di sciuro impatto. Il giudizio non può che essere positivo e la Three One G si guadagna un posto nel nostro radar per il futuro, del resto abbiamo già avuto modo di segnalarvi un’altra band di casa, i Deaf Club.