WIEGEDOOD, De Doden Hebben Het Goed
De Doden Hebben Het Goed rappresenta il disco d’esordio dei Wiegedood, giovane gruppo belga di black metal che deve il proprio nome alla sindrome della morte improvvisa del lattante. Se si analizza da vicino la formazione, ci si rende tuttavia conto che è capitanata da Levy Seynaeve, bassista dei ben più conosciuti Amenra, e sotto questo profilo i Wiegedood non sono pertanto da considerare un gruppo inesperto. Un primo ascolto è infatti sufficiente a farci comprendere che non ci troviamo al cospetto dell’ennesimo, anonimo album di black metal. Lo stile dei Wiegedood può definirsi black metal atmosferico/apocalittico, in taluni frangenti addirittura vicino al post-hardcore dei sopracitati Amenra o dei When Icarus Fall. Il suono è ipersaturo, così come le parti vocali di Seynaeve, mentre i riff di chitarra sono malsani e le melodie particolarmente stridenti: ne costituisce testimonianza lampante l’iniziale “Svanesang” (Il canto del cigno), autentica bordata che sprofonda l’ascoltatore in un vortice di caos violento e tuttavia molto controllato, a tratti quasi lineare. L’impressione è che l’intero album sia abbia l’obbiettivo della distruzione totale, nonostante l’ultima traccia “Onder Gaan” sia più melanconica delle precedenti. Da questo punto di vista i Wiegedood si fanno più prudenti e si abbandonano ad una tristezza esasperata ma sempre carica di rabbia, di odio cieco nei confronti di qualcosa di ineluttabile. De Doden Hebben Het Goed è un album strutturato e complesso, che rispecchia appieno lo stile privo di compromessi della formazione belga: dal post-hardcore viene mutuato l’aspetto vocale del cantato, dal black metal invece l’atmosfera oscura e opprimente ma anche la ricerca della melodia nel caos.
I Wiegedood escono con un ottimo debutto, valorizzato da una produzione puntigliosa che ne esalta gli aspetti più orchestrali, indicato a chi ama gli Amenra, ma posti in territori black metal.