WAYFARER, World’s Blood
I Wayfarer pubblicano il loro terzo album per Profound Lore, che è la stessa etichetta dei Cobalt, coi quali hanno più di un legame: (1) entrambi i gruppi sono del Colorado; (2) Shane McCarthy, chitarrista dei Wayfarer, è presente nella formazione live dei Cobalt, che in studio sono al massimo in due; (3) gli uni e gli altri hanno una componente black metal e una che fa riferimento all’Americana e al Far West (la prima cosa a cui ho pensato guardando la copertina di World’s Blood è “Pale Rider” di Eastwood). L’incrocio è stato tentato altre volte, mescolando in modo un po’ diverso gli stessi ingredienti, anche se magari non tutti se ne sono accorti: Horseback, ad esempio, è arrivato fino alla Relapse.
World’s Blood non è male, perché il gruppo sa fondere assieme le sue due anime: abbiamo atmosfera, malinconia e un intero immaginario grazie alle parti più “western”, ferocia grazie a quelle black metal. Lo schema, come immaginabile, prevede che le seconde esplodano dopo che le prime preparano il terreno, ma è interessante notare come ogni tanto il tocco “americano” si senta anche quando a dominare la scena è il metal. Non dirò che sembra che il black sia stato inventato da un cowboy solitario, ma non si può negare che questo melting pot funzioni. Penso però che si possa fare meglio con la batteria, che in alcuni momenti è troppo debole e non sembra registrata in modo adeguato, e con lo screaming, troppo poco potente (oltretutto dovrebbero trovare il modo di inserire anche la voce pulita nell’insieme, come cercano di fare nell’ultima traccia). Per ora i Wayfarer sono “solo” promettenti.