VOID KING, There is Nothing
There Is Nothing è il primo lavoro sulla lunga distanza per questo quartetto di Indianapolis formatosi nel 2014 e autore nel 2015 dell’ep Zep Tepi.
I Void King riprendono e ampliano il discorso iniziato proprio in Zep Tepi, basato su uno stoner doom dalle tinte bluesy, per nulla innovativo ma molto ben suonato e solido come la pietra. Se l’ep si basava essenzialmente su ritmi lenti, qui c’è più varietà di atmosfere nel corso delle otto tracce, mediamente lunghe, che compongono la scaletta: si va dal furore quasi punk di “Brandy Knew” alle cavalcate sostenute di “Skull Junkie” e “Canyon Hammer”, fino all’incedere pachidermico di “Healing Crisis” o “Release The Hawks”, che mettono in mostra un suono gonfio e saturo come si conviene, ben sostenuto dall’ottima dinamica della band.
Ottimo il lavoro del chitarrista Tommy Miller, anche se il principale motivo di interesse del suono dei Void King, e che evita che questo disco finisca ben presto nel dimenticatoio, è però racchiuso nella voce di Jason Kindred, in grado di coniugare il carisma e il timbro del primo Glenn Danzig con l’attitudine sudista di Phil Anselmo nei Down.
Disco robusto e difficilmente attaccabile, con quel gusto southern-blues che ne smussa gli spigoli e gli eccessi e mette decisamente i Void King sulla mappa delle band da seguire con attenzione.
Un ascolto consigliatissimo per fan di Danzig, Melvins, Down e Black Label Society.