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VIERI CERVELLI MONTEL, I

Ho incontrato la prima volta Vieri Cervelli Montel con gli /handlogic, uno dei progetti italiani più interessanti degli ultimi anni in ambito Pop – elettronico: un ep, un full-length, un disco con i brani dell’ep remixati da diversi artisti italiani (Alberto Ferrari, Appino, Technoir), la cover dei Radiohead che ha fatto incazzare molti, diverse date e apparizioni su palchi importanti dal 2016. Da quell’esperienze con gli /handlogic, quella accademica alla Siena Jazz University, cresce e si sviluppa il carattere di un giovane ragazzo che in I riversa tutto ciò che ha imparato e vissuto, compreso il proprio pesante passato, usando lo stesso lavoro come terapia nella necessità del racconto di un amore che continua da oltre vent’anni nonostante la morte. Il disco è l’occasione anche per annunciare la Tanca Records, sub-etichetta della Trovarobato guidata artisticamente da Jacopo Incani. Con il coraggio che lo ha contraddistinto nel toccare un “intoccabile” della tradizione musicale italiana, “Almeno Tu Nell’Universo”, riuscendo magnificamente nell’intento, così il sei maggio Vieri darà alla luce I: tra echi sonori, cantautorato, sperimentazioni elettroniche a musicare il suo romanzo di formazione. La morte, la memoria e l’infanzia sono i tre temi principali cui ruota attorno tutto il disco, descritti dal bisogno di andare avanti per raccontarlo ad un pubblico di perfetti sconosciuti. Il prologo è la sola voce di Vieri che con “Nebbia” rende subito omaggio, certamente inconscio, ai suoi studi del Jazz e a Nina Simone, sottolineando quella capacità di far arrivare la voce dalle profondità delle proprie viscere, mettendo in chiaro subito quale sarà l’atmosfera che ci accompagnerà fino alla fine della storia. Perché I è innanzitutto un racconto autobiografico in cui i suoni si adattano ai testi, si muovono cambiando ritmo e colore in funzione di ciò che le parole descrivono, alternando momenti di pura solitudine personale e sonora data da pochi elementi (“Stanca” o “Primo”), o passando dal Trip Hop alla Jungle per concludere con lunghi bordoni di sospensione (“Stanza”) che preannunciano il capitolo più lungo (oltre dieci minuti) e più intenso di tutto il lavoro, “Scale”, capace di far venire letteralmente i brividi per come, con testi e musica, viene descritto un momento di cruda consapevolezza determinata dal puro accadimento degli eventi. L’evidente capacità artistica di Vieri si fa ancora più spessa grazie alla presenza di Iosonouncane, che va oltre il classico ruolo di manager da etichetta, mettendosi ancora una volta al servizio dell’arte e, in questo caso, di un esordio di indubbio spessore. I è un disco intenso, non per tutte le ore e da canticchiare sotto la doccia, altrimenti non starei qui a parlarne, maturo e profondo che non lascia spazio ad interpretazioni: ti piace o non ti piace, non c’è nessuna mezza misura, perché il disco non ne ha, è un carico enorme di emotiva strutturazione sonora. Lo meritiamo?