VENTA PROTESIX, Loneliness And Deviancy
We are in front of the most intimate work of this strange laptop noiser from the South of Italy
La malinconia di Italo Belladonna. Così si intitolava una nostra intervista di ormai cinque anni fa col noiser campano, salernitano per la precisione. Chi legge queste pagine con attenzione si ricorderà che in passato abbiamo scritto più volte di Venta Protesix, anche delle sue collaborazioni, persino di un altro interessante progetto dal nome che era tutto un programma: Pineta e Prostituzione. Della non-musica di Belladonna colpiscono, in primis, le copertine, non ultima questa di Loneliness And Deviancy, ma anche l’estrema convinzione dei propri mezzi: provate voi a fare “rumore” per anni e senza mai stancarvi, cercando spazio tra tutti quei noiser (spesso dei wannabe belli e buoni…) con l’intenzione di non mollare mai la presa, che nel suo caso significa stressare e seviziare il pc fino all’inverosimile, come fosse una continua stimolazione sessuale che porta lo strumento allo sfinimento e va oltre. In sostanza questo album, uscito per la slovacca Urbsounds (in catalogo gente come Dave Phillips e Dj Balli), rispetto ad altre sue cose va meno dritto al dunque e più di fraseggi digital-core a tratti quasi space (“Domestic Noises Obsessively Repeating”), spinge all’improvviso sull’acceleratore in modo vertiginoso in “Autoerotic Practices Originated From Boredom”, mette su un esercizio electro suonato come da un Aphex Twin che ha sbattuto la testa (“Dreaming Of An Artificial Hymen”), mescola inserti vagamente sinfonici in un impianto costantemente harsh-noise che sa di black metal suonato da cyborg. È una bella mazzata nei denti questa uscita (nonostante le parole della Urbsounds che la definisce un lavoro più intimo) e nuoce gravemente alla salute, degli altri.