VEIL OF LIGHT, Sundancing
Progetto di M (Michael Hofstetter) diventato duo già da qualche anno con l’ingresso in pianta stabile di Markus Weber, Veil Of Light proviene da una Zurigo nostalgica e d’altri tempi. Radicato in quegli anni Ottanta in cui il pop era figlio anche delle sperimentazioni più scure e più sporche, qui paradossalmente ci porta vere e proprie perle di luce con un brano come “Head-On Collision”, che potrebbe persino regalarci delle belle sorprese radiofoniche.
Il basso è gommoso, il tempo mutevole: basta un secondo, infatti, sulla Limmat che bagna le rive della città, perché appaiano le nuvole ed il grigio opacizzi il velo della nostra coppia, dandole un’aria romantica e vissuta. È musica da groppo alla gola, da sciarpa rigirata intorno al collo e da malessere. A metà della scaletta troviamo poi “Raindancing”, speculare rispetto al titolo dell’album, che mischia sapientemente gioia e languore. Tutto il disco riesce a dare brio alla passione e al tormento interiore, spaziando fra brani più leggeri ed intensi, ad esempio “Keen Blade”, epica e strappacuore, e “Herthland Road” dinoccolata. È la dimostrazione che la palette di variazioni cromatiche può essere comunque ampia anche se si sceglie di operare con un solo colore: i Veil Of Light usano un bel grigio, che, come sappiamo, è in grado di assorbire tutti gli altri. Così agiscono loro, assimilando pop, goth, post-punk, restituendoceli poi con la loro impronta. Non credo allargheranno il loro pubblico dopo questo Sundancing, ma confermano ancora una volta la loro bravura e la chiarezza delle loro idee.