“Vaughan died yesterday in his last car-crash”. Khost, Author & Punisher, Sewer Goddess: tre dischi industrial doom
Solo pochi giorni fa abbiamo parlato dell’influenza di Filth degli Swans sulle musiche di cui ci occupiamo, sottolineando in un inciso il legame tra la prima manifestazione del gruppo di Michael Gira e i Godflesh. Un paio di mesi fa, invece, abbiamo pubblicato il full album stream dei Lietterschpich, eredi tossici di questa “tradizione”, della quale mettono in evidenza anche gli aspetti più dub, per me uno dei dischi più validi dell’anno in corso. Ho deciso di scavare ancora e ho trovato tre uscite del 2015 che sfruttano questo filone.
KHOST, Corrosive Shroud
Partiamo da Birmingham – e già si capisce tutto – coi Khost, un gruppo formato da Andy Swan (Iroha), uno che ha lavorato con Justin Broadrick al progetto Final (sono amici sin dagli anni Ottanta), e Damian Bennett (Carthage, Deathless, una sortita con Techno Animal…). Chitarra, basso, drum machine, effetti e una pletora di ospiti, compreso il violoncello di Jo Quail, i campionamenti di batteria di Daniel Buess dei 16/17, il canto orientaleggiante di Syan, un paio di interventi (non fondamentali) di Eugene Robinson e altro ancora. Fortunatamente, comunque, è il nocciolo della band che sa fare il suo mestiere: pesantezza e la capacità di trasformare il suono di Corrosive Shroud in una distesa di elettricità. Di sicuro sentire qualcuno salmodiarci sopra aiuta a variare, ma è il mix fischiante Godflesh-Skullflower che ti fa arrivare convinto fino alla fine (l’inatteso tribalismo di “VMIH”).
AUTHOR & PUNISHER, Melk En Honing
Di Author & Punisher (Tristan Shone) abbiamo già parlato: quattro album negli ultimi cinque anni per questo ingegnere che si è fabbricato intorno una serie di macchinari metallici coi quali, utilizzando dei software, si è trasformato in una “industrial one man band”. Oggi, con Melk En Honing, lo troviamo addirittura sulla Housecore di Phil Anselmo, dopo che aveva iniziato per Heart & Crossbone (questo è un indizio bello grosso sul sound “doom/dub” di Author & Punisher). Paradossalmente, dei tre progetti uniti in questo articolo, questo è quello più commerciabile: ogni pezzo, pur nella sua infinita pesantezza e nonostante comunichi perfettamente l’idea di fatica fisica che Tristan sopporta per muovere gli strumenti di auto-tortura che si è costruito, ha un sacco di groove e la voce – iperfiltrata, ipermodificata – alla fin fine abbozza qualche linea melodica. La sensazione divertente è sempre quella di guardare il trailer dei Transformers o di Iron Man e sentire come viene reso il movimento pachidermico dei robottoni.
SEWER GODDESS, Painlust
Power electronics e industrial, Cold Meat Industry e altre etichette similari (vedi appunto la Malignant), sono le radici di Sewer Goddess, creatura di Kristen Rose da Boston, in vita ormai da quasi dieci anni, anche se avara di album. Ci sono però proprio gli Swans di Filth in mezzo, anzitutto perché negli anni Sewer Goddess è diventata una band quasi a tutti gli effetti, con chitarra, basso, batteria e lei impegnata alla voce e alle “macchine”. In pratica è come se stesse incontrando a metà strada i Khost, prendendo le mosse dall’altro capo dello spettro sonoro coperto da entrambi i gruppi, quindi diffondendo quell’ambient malato e malnutrito che da lei ci si aspetta (non sento più power electronics) e al contempo ricorrendo al binomio lentezza/pesantezza, reso in modo molto meccanico e volutamente reiterato. Sei pezzi per venticinque minuti di agonia, una durata breve che non infastidisce, dato che Kristen sembra riuscire a dirci tutto quello che volevamo sapere. Artwork di André Coelho dei Sektor 304 (altro gruppo quasi su queste coordinate), John Gelso dei Profanatica e dei Royal Arch Blaspheme alla chitarra in “Get The Rope”, tanto per essere certi che il disagio non finisca davvero mai.
P.S.: per chi non ha voglia di googlare il virgolettato del titolo, ecco…