VATICAN SHADOW, Rubbish Of The Floodwaters
Dominick Fernow aveva alle spalle centinaia di cassette spaccatimpani prodotte a nome Prurient quando i nastri manipolati delle uscite firmate Vatican Shadow hanno fatto sì che anche una certa parte del contingente techno si appassionasse al suo operato.
Rubbish Of The Floodwaters mostra gli effetti delle ore recentemente passate in veste di resident dalle parti di Am Wriezener Bahnhof e non per caso segna anche il suo esordio su Ostgut Ton, etichetta e collettivo che mantiene vivo quella sorta di tempio pagano noto come Berghain e pubblica da più di un decennio dischi che seguono con gusto e intelligenza i cambiamenti di ciò che in quelle sale si balla e si ascolta.
L’artista è come sempre molto focalizzato sull’estetica della release, dalla foto di copertina che ritrae la recinzione di un campo profughi scattata da Christian Vagt (il quale spesso fornisce materiale per gli artwork di Ostgut Ton) ai titoli criptoterroristici che ricordano da vicino l’ispiratore Muslimgauze.
“They Deserve Death” apre il disco con un intreccio di sintetizzatori spoglio dal sapore onirico che risuona con certe scene di Dario Argento, mentre la title-track diffonde una coltre di modulazioni magnetiche in cui irrompe un kick cavernoso, con un motivo carico di spleen che prende forma per condensazione dai riverberi. La sintesi ideale dell’album si trova nella conclusiva “Weapons Inspection”, dove nel corso di undici minuti di ritmica serrata e algide ventate melodiche viene dipinto uno scenario ansiogeno fatto di cieli lividi, divise mimetiche e corse in mezzo alla neve della Taiga.
L’ep comunica un senso muto di minaccia, ha una produzione potente e curata, in linea con l’efficienza tipica delle uscite Ostgut Ton, e mostra un Fernow sempre intento a esplorare stimoli nuovi che riescano a ri-tramare il tessuto di vita e ossessioni di cui la sua musica è fatta, permettendogli di non cadere nella trappola dell’autocitazione.