Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

Vasi Comuni Canti

Teatro Petrella, Longiano (FC), 1° febbraio 2019.

Vincenzo Vasi

Metto subito il carico da undici sul tavolo: personalmente credo che un musicista come Vincenzo Vasi non abbia nulla da invidiare a un Mike Patton (con cui ha collaborato in Mondo Cane), anzi. Cantante poliedrico, demoniaco e comico, grottesco e lirico, capace di strappare dalle viscere una risata liberatoria mentre è impegnato in virtuosismi acrobatici, il romagnolo si espone con questo progetto in primissima persona, riunendo un quintetto ad eseguire sue composizioni il focus è sulla canzone. Ecco allora il gioco di parole, Vasi Comuni Canti: un repertorio cantabile ma non di canzonette; sono invece forme aperte dove mondi in apparenza lontani collidono e si sovrappongono, a creare un ibrido di difficile definizione. In primo piano c’è la voce dell’autore, che imbraccia anche il basso ed è in grado di passare con disinvoltura dal mimare un cartone animato – il bambino di Roger Rabbit – a impersonare un muezzin, dal cantare melodie ripide e delicate al bofonchiare come una creatura frutto di una indicibile febbre creativa.

Vincenzo Vasi

A questo giro Vasi adopera poco il theremin e ha come di consueto un bel tavolo apparecchiato con una serie di giocattoli sonori. Con lui ci sono Enrico Terragnoli, chitarra elettrica e synth appoggiato alle ginocchia (anche con Gabriele Mitelli in O.N.G, disco dell’anno del 2017), Giorgio Pacorig a pianoforte, Rhodes e Moog (Mahakaruna Quartet, Maistah Aphrica, il duo con Giancarlo Schiaffini, oltre al duo Per Favore Sing, un’ipotesi fulminante e fulminata di rivisitazione della canzone italiana commissionata dal festival Angelica, con lo stesso Vasi), Gaetano Alfonsi alla batteria (anche con Andrea Laino & The Broken Seeds) e Salvatore Lauriola a basso e synth. Si sente che la band è all’esordio e ha bisogno di oliare qualche meccanismo, ma il concerto, molto divertente, è la plastica dimostrazione che questo è un autore con orecchie spalancate, curiosità onnivora, background eclettico, ascolti di ogni tipo e una felice vena di follia spaziale che rende il tutto piacevolmente sghembo e ironico, con un che di zappiano.

Vincenzo Vasi

L’iniziale “Skeleton Dance” è una sorta di tentativo di pop elettronico weird: vengono in mente le ambientazioni dei fumetti di Francesca Ghermandi, come “Grenuord”, “Pastil” o “Cronache dalla Palude” (chissà che i due non si conoscano) e Vasi sfodera anche un fantastico flauto da naso, per darci il benvenuto in quasto zibaldone, in questo bestiario di esseri appena immaginabili, in queste cronache dagli universi paralleli. Tanto per restare in alto, “Dei Senza Casa” è il paradigma perfetto dell’immaginario del leader: “Saccopelisti dello spazio, dove avete nascosto la vostra gloria? Siete dei senza casa e ci avete abbandonato senza memoria”. Se “Hypno” – tratta da un disco precedente – è un lungo e balsamico sviaggione concentrico come da titolo, “La Mosca” invece è un prototipo jazz funk come degli Steely Dan finalmente incattiviti, mentre “Negato” riporta a galla memorie mai sopite di discese a rotta di collo lungo autostrade di rock in opposition, seguendo le indicazioni verso gli Henry Cow. Lounge marziana, trance-western-kraut, paradossi, improvvisazioni, pop patafisico, carillon di infanzia: “Bimbo” (titolo-manifesto ), nel bis, chiude il sipario con un psichedelia che sa di biberon intinto nell’acido, dentro un languido ritmo in 7/8.

Prossimamente usciranno il disco di questa band e anche il secondo di OoopopoiooO (un nome che è tutto un programma, vero? Recuperate il loro esordio omonimo del 2015, prodotto dalla TremoloA di Alessandro Asso Stefana), il duo che Vasi ha con Valeria Sturba (violino, theremin, giocattoli, voce). Ci torneremo sopra con un’intervista.