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VANESSA VAN BASTEN, Ruins: Sketches And Demos

Vanessa1

Sono già passati anni e siamo qui a parlare di una raccolta d’inediti di Vanessa Van Basten, un gruppo intorno a cui c’è stata moltissima, durevole attenzione da parte degli addetti ai lavori (e non solo), che è apparso prima su (eccellenti) etichette italiane e poi è andato all’estero su Consouling e Robotic Empire. All’inizio venivano visti – non con malizia – come degli Jesu italiani, ma è altrettanto vero che Morgan e soci, con meno mezzi, riuscivano a essere ancora di più trasversali rispetto a generi codificati e a non sembrare un clone del nuovo Broadrick, tra l’altro in un periodo in cui cominciavano a sbucarne da tutte le parti assieme a quelli di Neurosis/Isis, fino a che si è arrivati a vedere su etichette metal e hc gruppi quasi interamente shoegaze, talvolta del cazzo (sì, Deafheaven, dico a voi).

Sono i Vanessa Van Basten stessi, in questo Ruins, a definirsi “the first metalgaze act in Italy”, e a ragione, perché il materiale qui è per una parte significativa legato proprio al loro esordio ufficiale La Stanza Di Swedenborg, un disco dei Duemila incagliato nella mia memoria (credevo di aver perso l’originale, tra mille indicibili bestemmie, ma l’ho trovato dietro al divano), il che non vuol dire che fosse un capolavoro fuori dal tempo, ma solo che me lo sentii mille volte in un’epoca in cui tutto s’ascolta solo una, e del resto poco dopo avrei cominciato a procurarmi i cento dischi dei Nadja, altro progetto fondato da un chitarrista versatile e musicofago, che a tutt’oggi – paradossalmente – mi sento più volentieri di Justin K. Qua ci sono quattro-cinque pezzi iniziali che non fanno uscire il cd dall’autoradio, il primo appunto molto Swedenborg, il secondo un apocrifo di “All Cats Are Grey” dei Cure (altezza Faith, influenza-cardine per Vanessa, assieme ai God Machine) e così via, in un continuo, fluido saliscendi tra cielo e terra, quasi sempre con un sottofondo di malinconia, sentimento che la creatura si porta appresso dalla nascita.

Considerato anche che questi signori non sono mai stati iperproduttivi come Nadja e Jesu, quindi che quella mancanza che sentite ha davvero una giustificazione, questo cd a cura di Solar Ipse è stra-consigliato.

Tracklist

01. Godfather (home demo 2007)
02. All Cats Are Graves (home demo 2011)
03. China 2999 (home demo 2006)
04. Odyssey Song (demo version 2013)
05. Lapsteel Intro (live excerpt 2010)
06. Arbeit (collaboration demo 2010)
07. Sketch 07 (home demo 2008)
08. Eldorado (outtake 2010)
09. Wien/Cholinergic part II (drone + outtake 2010)
10. L’Uomo Che Comprava il Tempo (demo version 2008)
11. 27 Bricks of Our Future (home demo 2008)
12. Epic Victor (home demo 2007)
13. Advent (Dead Can Dance cover 2013)