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VALERIO TRICOLI, A Circle Of Grey

In una pagina del suo diario il regista Abel Gance definì il cinema come un “alfabeto per gli occhi stanchi di pensare”: traslando la definizione in ambito musicale, e in qualche maniera capovolgendola, mi piace avvicinarla ai lavori di Tricoli proprio come “alfabeto per cervelli stanchi di ascoltare”, musica d’evasione nel senso di allontanamento dal già sentito per avventurarsi in una dimensione sonora parallela che finisce per fondersi con quella della quotidianità. La discografia di Valerio Tricoli costituisce la dimostrazione concreta delle possibilità espressive del registratore a bobine, nella fattispecie un Revox B77: ogni capitolo, infatti, suona profondamente diverso, ogni nuova uscita, dai lavori solisti alle collaborazioni fino a tornare ai seminali 3/4HadBeenEliminated, si arricchisce di nuovi vocaboli, trova umori differenti, tinte sempre nuove. In questo A Circle Of Grey, pubblicato dai bolognesi di Xing (è disponibile anche una collector’s edition, una serie di venti copie accompagnate da una cassetta-pezzo unico firmata dal compositore, la quale contiene ognuna un frammento diverso in loop di “A Circle Of Grey”) si tende a virare verso il grigio del titolo, un non-colore nel quale si rifrangono crepitii e una quasi assenza di suono alla quale il compositore siciliano mai si era accostato così tanto prima di adesso (è ciò che accade soprattutto nella prima parte): sembrano pezzi di realtà quelli che stiamo ascoltando, ai quali stiamo assistendo, ma qui e là Valerio si perita di rompere l’illusione facendo sentire il nastro che scorre sulla testina o il canto di una cicala troppo ritmico per essere vero, storcendo un arpeggio di chitarra, portando all’attenzione la linea di giunzione tra un pezzetto e l’altro, in un intersecarsi di loop che l’orecchio quasi mai percepisce come tali.