VALERIAN SWING, Liminal
In un mondo che gira così veloce, dimenticarsi di un gruppo che non pubblica da sette anni è quasi scontato. La bellezza dell’approcciarsi a “Gor-ai” dei Valerian Swing è che questo pensiero è del tutto ininfluente e in trenta secondi si oscilla come se non ci fosse un domani e come se nulla fosse passato o importato. Math-rock, profumi d’oriente, elettronica povera, freschezza: David Ferretti, Stefano Villani e Francesco Giovanetti si dimostrano lucidi, affilati e aperti, abbracciando dentro al loro flusso sonoro un mondo intero. Intelligenza artificiale, deserti sudamericani, rapper inglesi, rituali, voci sicule, la Giamaica e Correggio, il tutto in un disco che, se da un lato potrebbe dare l’impressione di essere largo ed eterogeneo come ispirazione, dall’altro riesce a camminare con decisione e sicurezza, segno della maturità compositiva del trio. In “Badman” Flowdan si adombra saltando dal lato oscuro e sposandosi col il groove elastico dei nostri, quasi come fossero nati assieme. “The Ritual” vive di mondi diversi, come se i Valerian Swing attraversassero fasi e cifre stilistiche che non possiamo catalogare altro che come post-rock, ma è un pezzo denso e sfaccettato come la più seducente delle schizofrenie.
Giovanna Ciaccola si affusola su un pianoforte in una ”Indigo” toccante come un raggio di luce fra nuvole che d’un tratto scintillano d’elettricità, canzone alla quale togliamo mezzo punto soltanto perché avremmo voluto sentire Giovanna urlare con uzedico livore e questo non accade.
“Pond Riddim” innesta trasognante jazz futuristico a Montego Bay, per un viaggio onirico speziato assai ma che ci prepara al rientro a casa, “Home”. Prima del crash di batteria par di sentire dei sovraeccitati fratelli Lumière se qualcuno avesse fatto loro dono del sonoro, poi è toccante litania ovattata che sa di casa e di vecchie fotografie, finendo come scintillante uptempo e voce robotica claudicante in ispanico idioma.
Tutto questo è parte di Liminal, disco complesso e levigato perfettamente, misterioso come il cubo rosa fluo che si staglia in copertina e come il cubo ogetto che ci solletica e che ci spinge a comprenderlo, avvicinarlo e scardinarlo.