VALDUR, Pathetic Scum
Da Mammoth Lake, nello stato della California, giungono questi Valdur. Il loro black metal ferale, sporco e malato, è un chiaro esempio di come il genere sia ancora oggi in ottima salute. Ci sbattono in faccia sei pezzi privi di qualsiasi tipo di melodia o di eleganza, permettendoci di rivivere i fasti degli anni Novanta norvegesi. Sì, perché quello che trasmettono questi brani è un freddo pungente, che vi si insinuerà nelle ossa. I riff massici e taglienti, semplici ma allo stesso tempo terribilmente ben fatti, accompagnati da una batteria indemoniata (settata in pratica sul blastbeat perenne), e una voce malefica e gutturale vi getteranno in un inferno ghiacciato, senza vie di fuga. Siamo di fronte a una band in grado di padroneggiare con maestria i propri strumenti e di maneggiare qualcosa di cupo e carico di morte (fittizia o reale) come il black metal. I suoni sono ben definiti, anche se non nel senso moderno del termine: risultano infatti perfetti per consentire a tutti gli strumenti d’emergere, creando un maelstrom in cui verrete inabissati, tutto nel segno di quell’old school che tanti inseguono ma che in pochi sanno concretizzare senza eccessi. L’insieme è costruito sapientemente per creare un’atmosfera buia, nebbiosa, stagnante, in cui i vostri incubi peggiori prenderanno forma per divorarvi. Pathetic Scum cresce piano piano, regalandovi la sensazione che il gruppo abbia partorito un mostro multiforme, capace di stringervi in un abbraccio assassino, succhiando la vostra linfa vitale. Il black metal, d’altronde, è e dev’essere questo: puro odio, nessun compromesso e nessuna via di scampo. Quando tutto è finito, rimane solo il silenzio della morte.