URARV, Argentum
Bjørn Dencker ha cantato nei Dødheimsgard (anche nel loro ultimo, imbattibile album) e nei Thorns: non c’è nessun dubbio sul fatto che sia importantissimo nella storia del black metal. Avevo beccato un suo disco a nome “The Deathtrip” nel 2014, indubbiamente buono, oggi tocca agli Urarv, come minimo discreti, un trio che lui ha messo su da poco con una batterista e un bassista abbastanza sconosciuti (ha tenuto per sé chitarra e voce) e col quale ha già pubblicato un full length, Aurum, prima di quest’Argentum.
Gli Urarv prendono sì degli spunti dai Dødheimsgard e dal filone Ved Buens Ende/Virus, quindi black dissonante e poco ortodosso, ma non è che si allontanino più di tanto dal corso principale del metal estremo. Per questo Argentum è alla fin fine un ep che si lascia ascoltare molto facilmente, ma a cui un po’ di anarchia allunga la vita nello stereo, scacciando la noia: “Krakekjott”, “Satori” o “Sannhet” dicono soprattutto che Bjørn aveva dei buonissimi riff black (e thrash/black) in tasca e che sa giocarseli combinandoli molto bene, spesso con la spietatezza delle sue vecchie band. Certi passaggi strumentali di “Aurum”, “Sannhet” e “Soloppgang” – intendo il modo in cui il basso si chiama fuori dal suo ruolo di accompagnamento e il tipo di suono “obliquo” e disturbante che viene tirato fuori dalla chitarra – rimandano invece a quella componente “avant” norvegese nominata all’inizio e sono il “vuoto” da alternare al “pieno” delle sfuriate black, facendole sembrare ancora più potenti.
In Argentum i testi sono tutti in norvegese, dunque non è chiaro di cosa si parli e si perde un po’ il gusto dell’interpretazione sempre teatrale e sopra le righe di Bjørn, uno degli ultimi veri pazzi in attività in una scena di pazzi on demand.