UOCHI TOKI, Malæducaty
La poesia non è morta, si è nascosta.
(da “Basta Poesia!”)
Questo degli Uochi Toki sta a metà fra lo sfogo d’artista e un affresco scrostato – e di rara efficacia – della contemporaneità. L’antifona d’ingresso sembra essere una presa di posizione del duo in merito al proprio rapporto con il pubblico, una rivendicazione di libertà espressiva che si sostanzia in un’esaltazione dell’oscurità e trova il proprio prosieguo nella traccia successiva, un vero e proprio trattato di poetica underground, una chiave di comprensione che Napo ci fornisce rispetto alla sua scrittura: nella cantilena di “Cambia Domanda” si continuerà su questa linea, ammonendo gli opinionisti frettolosi e superficiali e allo stesso tempo scongiurando i rischi di un’esegesi pedante (“ci sono parole che per arrivarci tocca buttare via le parole”). “Onigiri” è la narrazione cinica e disperata della vita in tour vista dal lato del gruppo spalla; quindi parte una sagace galleria di feticci della contemporaneità, il bio e il chilometro zero (“Res ort”), il politically correct (“Vegan* Stammi Vicin*”, “Stallo Alla Messican*”), la memetica e i tutorial (“Lingua Memese”), poi vengono i ritratti di stereotipi come quello del passivo-aggressivo (“Innocuo”) o quello del trentenne invecchiato precocemente e male (“Fascia D’Età”), infine invettive contro le icone tratte dalle serie tv (Digei Graff). Fin qui ci siamo soffermati esclusivamente sull’aspetto testuale: come la brevità dei brani (17 in 48 minuti) ha finito per stimolare la capacità di sintesi di Napo, così essa ha permesso a Rico di alzare l’asticella del rumore e fabbricare basi mai così scabre, brutali e prive di orpelli, un allontanamento dalle forme e dagli stilemi dell’hip hop che ha avuto come punto di non ritorno il disco in collaborazione con i Nadja e che qui trova il suo esito più compiuto.
È un disco che gira sospeso fra l’incazzato e il burlesco: dietro una copertura finto demenziale gli Uochi Toki ci dicono tanto, forse tutto, su quello che ci passa accanto ogni giorno. Dalle mie parti si dice “fare lo scemo per non andare alla guerra”: Rico e Napo fanno gli scemi e poi vanno pure alla guerra.