UNHOLY RITES FEST (Vol. II)
16/3/2013, Macerata.
Torna l’Unholy Rites con il secondo appuntamento, sempre nelle campagne di Macerata, con un bill che accomuna generi differenti e li riunisce all’insegna dell’amore per i volumi alti e la distorsione. Questa volta il compito di aprire le ostilità spetta ai giovanissimi Spirale, autori di una formula a cavallo tra doom e alternative rock (a tratti grunge). Di questo set riusciamo a seguire solo le battute finali, ma la band ci appare ancora alla ricerca di una personalità ben delineata. Troppo poco ciò che abbiamo sentito per esprimere un giudizio ponderato, ma l’impressione è che la macchina sia ancora in fase di rodaggio. Del resto l’età è quella giusta per potersi permettere qualche giro a vuoto prima di colpire con la dovuta precisione: in altri termini, sono giovani, si faranno.
Dopo di loro spetta ai Norgram, black metal al netto di facepainting e con qualche scorreria in ambito goth decadente alla maniera dei Type O Negative, almeno questa l’impressione che comunicano dal vivo, grazie anche ad alcuni passaggi di chitarra ricchi di groove e meno furiosi. Il resto è puro black, a cavallo tra furia gelida e rimandi atmosferici, con le tastiere che vanno a riempire il suono e donare il giusto mood al tutto. Vista la capacità di catturare l’attenzione, nonostante i suoni live non permettano di cogliere sino in fondo l’essenza della loro proposta, vale la pena attenderli alla prova in studio.
Un nome – una garanzia, i Diorrhea riversano sulle prime file una cascata di grind impressionante, con il pubblico che raggiunge il climax della serata in fatto di sport da pit e partecipazione alle ostilità in libera uscita dagli amplificatori. Questa sera presentano il nuovo disco Estinzione, su cui torneremo per esteso, e risulta chiaro come i fanesi non abbiano perso un grammo di potenza di fuoco quando si tratta di mettere in scena l’ennesima ode al nichilismo sonoro. Siparietti e gag non riescono a intaccare la precisione di una macchina bellica che ha nel batterista il fulcro e la spina dorsale: tellurico, preciso, incapace di fermarsi a prendere fiato o di dilungarsi troppo su uno stesso pattern. Non da meno i suoi compagni di “devasto”, che anche in questa occasione riversano sul pubblico energia e passione a piene mani. Questo è il grind che ci piace.
Con i Barbarian si torna prepotentemente al passato o, meglio, ai gloriosi anni Ottanta, con un set asciutto che ai vecchi cavalli di battaglia affianca un paio di nuovi colpi. Solita presenza scenica invidiabile e capacità di conquistare nonostante il bassista supplente (che ritroveremo poi su palco anche con i Gum in veste di chitarrista). L’impressione è che i brani nuovi siano meno marci e oscuri dei precedenti. Detta meglio: che aggiungano qualche spezia soprattutto in fase di riffing, nonostante l’insieme mantenga il tipico mood che ha reso i Barbarian uno dei migliori esempi di restaurazione metal al netto di spadoni, draghi e principesse da salvare. Qui si fa sul serio e si rovista nell’oscurità, si usano le chitarre come Gabriel Warrior comanda, ma non ci si limita a un mero tributo, anzi sembra trovare sempre più spazio una personalità solida e libera di esprimersi in perfetta autonomia.
Arrivano i Gum, le nebbie si diradano e dalle viscere della terra si spostano verso il cielo, grazie anche a un mood psichedelico con cui i ragazzi stemperano la rocciosità dei riff. Il suono ha un impatto devastante e i presenti restano attoniti di fronte alle bordate di una formazione in grado di impressionare anche i più smaliziati tra gli accorsi. Nulla da recriminare, i pezzi ci sono e le parti strumentali trascinano in un vortice sonoro dai molti rimandi, dalla polvere del deserto alle paludi della Louisiana, dal doom alla già citata psichedelia. Come prima occasione di contatto con la formazione (ripromettendoci di fare ammenda) non possiamo che definirci pienamente soddisfatti e colpiti.
Chiusura affidata alla home-band, ovvero i maceratesi Crepuscolo, attivi da metà anni Novanta e fautori di un death metal a cavallo tra Florida e Scandinavia. A fianco dei due membri storici, oggi assistiamo per la prima volta all’esibizione del nuovo arrivato, un batterista che dimostra una tecnica a dir poco notevole. Malgrado i volumi non giovino all’impatto dei brani, i Crepuscolo lasciano intendere di essere riusciti a rimettersi in carreggiata dopo la lunga pausa e i molti cambi di line-up. Un nutrito manipolo di aficionados canta e segue le direttive del bassista/cantante (già in forza con i Chemical), che ci dà dentro come si trovasse al Wacken e dimostra come l’esperienza raccolta sulla strada possa fare la differenza anche a notte inoltrata e dopo le molte ore passate a dare il proprio contributo nella veste di fonico.
Distrutti e provati si torna a casa con la sensazione che finalmente qualcosa si stia muovendo anche da queste parti. Merito dei ragazzi che si sono sbattuti e si sono dati da fare per rendere possibile l’evento. Verrebbe da chiudere con un: Maio santo subito!