UNDERGANG, Misantropologi
Gli Undergang sono uno dei nomi più in vista del death metal europeo sotterraneo. Non so come definirlo meglio, ma è quel cosmo estremo che risulta al netto dei nomi affermati per rilevanza storica e delle etichette major o, comunque, a conduzione “non familiare”. In questo mondo non è che tutto, ovviamente, sia rose e fiori (o, meglio, tappeti d’ossa e morte) in termini di libertà creativa. Si parla di sotto-nicchie con i loro sotto-topoi, di un Ade che ripete in piccolo la struttura del mondo sovrastante ma, quantomeno, con maggiore entusiasmo nell’operare. E, sebbene la pigrizia anche qua non manchi nel diffondersi, ci sono gruppi che riescono ad affermare la loro personalità e dunque a distinguersi dalla massa. Gli Undergang fanno parte del novero grazie alle idee e all’intensa attività concertistica, ambasciatrice mai di secondaria importanza per penetrare i cuori degli appassionati. Misantropologi è il quarto disco a durata piena, escludendo i numerosi singoli et similia. Il punto di forza degli Undergang è il suono, estremamente cupo grazie soprattutto all’accordatura ribassata abissalmente, su cui si installano una voce altrettanto gorgogliante, anch’essa evidentemente ribassata, e una struttura chitarristica piuttosto minimale che insiste molto sull’alternanza di parti lente ed ossessive con altre veloci. Rimane, quindi, molto poco spazio alla melodia. Gli Undergang possono essere associati a leve più recenti quali Disma e Funebrarum, quindi a metà strada fra il vecchio suono americano (Autopsy, Rottrevore…) e quello finlandese (Convulse, Purtenance, Disgrace… questi ultimi pure coverizzati nel disco). Devo dire che questo loro approccio ha però la massima resa dal vivo, quando i singoli strumenti confluiscono in un unico magma diabolico dalle capacità quasi ipnotiche. Non perdeteveli in azione.