Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

ULTRAMANTIS BLACK, UltraMantis Black

Ultramantis Black

C’era un wrestler vestito da mantide religiosa che si era unito a membri dei Pissed Jeans per mettere su una band di hardcore punk politicizzato, che nel suono si ispirava a Lightning Bolt, Daughters, Agoraphobic Nosebleed, Genghis Tron e Spazz. Potrebbe essere benissimo l’inizio di una barzelletta e, invece, è la base di partenza per un lavoro che colpisce come una lametta affilata, lascia tagli profondi nella pelle e convince senza se e senza ma. La Relapse si prende cura di questa folle corsa tra campioni di discorsi, schegge di hardcore mutante e sghembo, tanto noisy quanto ruvido, riottoso, a tratti persino ostile. Il tutto brucia in un attimo come una molotov lanciata contro un muro, tramortisce l’ascoltatore e fa venire voglia di rifare il giro da capo. Nulla che non ci si sarebbe dovuti aspettare da gente che ha suonato in una cult band come i Pissed Jeans, niente di nuovo sotto al sole, eppure a tratti ci si riesce persino ad esaltare per le rullate impazzite, gli squarci di distorsione, le accelerazioni repentine e gli stacchi ricchi di groove, i feedback e le note lasciate a risuonare come ne andasse della propria vita. C’è anche qualche rallentamento che ricorda quelli dei Black Flag (con voce narrante in sottofondo), quindi non manca proprio nulla e soprattutto nulla sa di posticcio, di manovra studiata a tavolino, o almeno questa è la sensazione trasmessa dal debutto di questo folle progetto. Se son rose fioriranno, per ora si gode senza starci troppo a pensare, che in fondo di questi tempi va benissimo così.