UFOMAMMUT + BLACK RAINBOWS + ISAAK, 4/12/2014

Ufomammut

Roma, Init.

In occasione dello showcase della Heavy Psych Sounds, gli Ufomammut tornano a Roma a soli sei mesi di distanza dalla loro precedente calata al Traffic, quando infiammarono il locale assieme a Lili Refrain ed Electric Whale. Inizialmente ero molto dubbioso riguardo alla riuscita della serata: richiamare un nome del genere due volte quest’anno è abbastanza rischioso, specie se poi è passato anche a inizio 2013. Con mio immenso stupore (e anche gioia) l’Init è strapieno, il che non può che confermare come il gruppo di Tortona abbia dei fan molto fedeli.

C’è molta gente a seguire anche gli opener Isaak, che aprono le danze verso le dieci e mezzo. È la prima volta che li vedo con questo nome: la primissima fu all’ultimo Stoned Hand Of Doom, nel 2012, quando ancora si chiamavano Ghandi’s Gunn. In quell’occasione li trovai molto in forma, con un ottimo muro di suono, ma un po’ troppo in debito coi Kyuss. Ora invece le cose sembrano un po’ cambiate e noto che la proposta si è fatta molto più personale, scansando un po’ i paragoni con John Garcia e soci. La resa live non è male, ma i suoni un po’ li penalizzano. Un compito ben svolto.

Seguono i Black Rainbows, che stasera giocano più che in casa: oltre ad essere l’unica band locale, il loro frontman, Gabriele Fiori, è anche il boss della Heavy Psych Sounds. Oltre a riproporre materiale vecchio, testano anche qualche estratto dal prossimo Hawkdope, che vedrà la luce a marzo 2015. Il loro stile, molto vicino ai Fu Manchu e a quello stoner intriso di rock n’ roll, sembra prendere progressivamente una piega sempre più garage, forse a causa del nuovo progetto parallelo del frontman, i Killer Boogie (in tour adesso per promuovere Detroit, il loro lp di debutto). Il sound del deserto sta cedendo un po’ il passo agli MC5. La performance di stasera è senza dubbio ottima, a conferma del fatto che i Black Rainbows, nel genere, sono ormai una certezza.

L’attesa cresce per gli headliner, che salgono sul palco con Vita, il loro batterista, che di consueto entra per primo colpendo uno dei crash, mentre Poia e Urlo attaccano gli strumenti. Dopo aver già dedicato dei tour all’intera esecuzione di entrambi gli Oro (Opus Primum e Opus Alter) e di Eve, ora compongono la loro scaletta con estratti da Idolum (il mio preferito) e dai dischi usciti prima di questo (diversi i pezzi presi da Snailking). L’attacco è con “Superjunkhead”, che è però un po’ penalizzata dai suoni: così com’è stato per gli Isaak, questa sera l’acustica non è delle migliori, sebbene gli Ufomammut sembrino molto carichi. In un primo momento hanno problemi anche con le parti vocali (l’effetto di Poia è inesistente sui primi pezzi). Non potendo appoggiarsi sulla pesantezza del sound, quindi, il tre puntano tutto sulle atmosfere lisergiche: spesso una distorsione come la loro, molto sporca, rischia di essere ancora più confusa se i volumi non vengono settati al meglio, mentre con i vari wah-wah e delay è più facile giocarsela quando le condizioni sono avverse.

Mi dispiace che abbiano avuto dei problemi con l’acustica generale (pur essendo molto in forma): d’altronde live non hanno mai deluso, dando sempre il massimo, come hanno fatto anche questa volta.