TYTUS, White Lines
Strano miscuglio sonoro quello proposto dai triestini Tytus, una sorta di collisione tra satelliti del pianeta metal apparentemente distanti come la NWOBHM (presente in gran dose nelle chitarre) e i cori ai limiti dello sleaze, di chiara estrazione USA. Il risultato, va da sé, è al contempo straniante e capace di catturare l’attenzione, soprattutto ti si appiccica come una caramella gommosa. Probabilmente la band ha ancora bisogno di aggiustare il tiro quel poco che basta per fondere meglio assieme i singoli ingredienti, intanto, per ora, i due anthem proposti mostrano la sua bravura nel gestire la materia in modo efficace e di creare qualcosa di coinvolgente, dotato di potenza e melodie quasi pop nel loro strizzare l’occhio all’airplay e alla parte più cheesy della scena glam. La componente “british” e l’opera delle chitarre donano quella spinta che serve a mantenere viva la carica, soprattutto nel pezzo d’apertura, il migliore e quello dove l’amalgama regge con più tenacia. Al momento l’effetto è quello dell’oggetto esotico che incuriosisce e stuzzica l’ascoltatore, in futuro si capirà meglio se si ha a che fare con una meteora o con un razzo esplosivo. Il consiglio è quello di tenere a bada la voglia di ritornelli orecchiabili per non sbilanciare troppo gli equilibri. Per curiosi e fautori della riappacificazione in casa metal.