TWO DOGS, Songs From The Trash Can
Legnoso electro/clash/rock from the grave, testi sardonici e inquietanti, fra brutte dimenticanze (mai sbronzarsi il giorno prima del compleanno di tua madre!), cambi valute dall’oltretomba, la finezza e la maestria musicale di chi sta suonando mentre impenna una KTM. Il disco insiste su movimenti tronchi/troncati che, abbinati al fare sardonico del vocalist, danno all’insieme una compressione di suoni che rimanda a pratiche come il turntablism estremo. I due loschi (e impresentabili, vedendo la copertina) figuri sono due vecchie lenze dell’avanguardia elvetica: Joke Lanz (Sudden Infant, Schimpfluch-Gruppe) e Beat Keller, improvvisatore dedito a free jazz e all’accoppiarsi con gente come come Axel Dörner e Jason Kahn.
I tredici brani qui contenuti danno in continuazione impulsi discordanti alle nostre orecchie e ai nostri muscoli, ormai incapaci di decidere se scatenarci in una sorta di ballo scat o rimanere impassibili di fronte a tale scempio. A tratti, appena i due si distraggono e l’impasse scende, si creano piccoli capolavori come “Catcher In The Rye”, zufolo, corde sfregate, spoken word e nastri in reverse, con Beat e Joke, sguardo fisso e catatonico, sorridenti. Molti sono i momenti di interesse dentro questo disco: arrivano di colpo, rapendo l’attenzione e destabilizzandoti, per quella che potenzialmente potrebbe essere una versione esponenziale ed ubriaca di Cubist Blues di Vega/Vaughn e Chilton.