TUCANO, Cold Cold
Tucano è un altro progetto del multidisciplinare David Starr, che agisce nella musica come pure nelle arti visive. Cold Cold è realizzato quasi in perfetta solitudine (sintetizzatori, chitarra, voce) ed è post-prodotto da Mattia Coletti, così come il precedente Homeless Mandingo. Il fanese Starr, che forse ha scelto di chiamarsi così per omaggare zio Asimov, aggiunge che è stato ispirato dall’atmosfera, dai luoghi, dal clima e dalla tensione di Anderlecht, dove è andato a vivere.
Per cercare di stringere l’inquadratura, occorre ricordarsi che in Italia lo hanno pubblicato e lo pubblicano gli amici di BloodySound Fucktory, ma anche Brigadisco e NO=FI, quindi si parla di punk e bassa fedeltà applicati a qualcosa di spostato e irregolare. Nei momenti in cui è più afferrabile e adotta una ritmica lineare, Tucano si fa quasi scambiare per un gruppo sulla scia di Blank Dogs o Lust For Youth, ma, più in generale, a non sapere che questo è un disco del 2014, si potrebbe vederlo come una di quelle ristampe di qualche misconosciuta formazione post-punk/industrial, magari a cura di un pazzo tipo quello dell’etichetta americana Superior Viaduct. La cassetta oscilla – non troppo – tra pezzi più lineari e altri più deragliati, ma quello che sembra contare per David Starr è l’atmosfera generale, un terzo malsana, un terzo lisergica, un terzo fantascientifica. Ci sono delle tracce particolarmente riuscite, comunque: “Cold”, col suo battito severissimo, pare buona per commentare un omicidio di qualche Sarah Connor nel primo Terminator, mentre “The Guy – – The Stereo”, “Feed Your Eyes // Buy My Sun” e “Time” sono deprimenti e alienanti come una giornata vissuta fissando un televisore rotto.
Forse non imprescindibile, ma con un suo fascino storto.