TROUM & RAISON D’ÊTRE, De Aeris In Sublunaria Influx
Sembra che quei due loschi individui di Baraka[H] e Glit[S]ch quest’anno vogliano far saltare il banco. E così, dopo Yen Pox, è il turno dell’icona per eccellenza del dark ambient, ovverosia Peter Andersson, meglio conosciuto con lo pseudonimo Raison D’Être. In questi casi non serve un panegirico, andremmo davvero per lunghe: si parla di discografie sterminate, soprattutto quella dell’artista svedese, addirittura allargata a numerosi progetti paralleli; i Troum non sono da meno, ma vi invitiamo a rileggere l’articolo sulla loro ultima uscita Mnemonic Induction.
L’album è il frutto di tre anni di collaborazione (2011-2014) e trova oggi un supporto fisico grazie alla brasiliana Essence, che – vista l’eccezionalità di quest’unione – ha stampato anche un’edizione limitata, ovviamente già esaurita. Già dal folle intro (“Folia”) si può percepire la grandezza del disco, la maestosa religiosità classica di Andersson che si fonde al rumorismo metallico, post-industrial e tribale del duo di Brema.
Tutti i suoni sono ultraricercati. Immaginate una sorta di fatiscente fabbrica siderurgica dalle architetture gotiche, posta sul lato buio e nascosto della Luna: un drone minaccioso percorre vorticosamente la navata centrale infrangendosi sulle diroccate vetrate e canti rituali si mescolano a emozioni come la disperazione, trasmettendo sensazioni di allontanamento. De Aeris In Sublunaria Influx è un lavoro che si espande, emette soffocante anidride solforosa che satura l’aria con particelle microscopiche di pulviscolo carbonifero, e se “Atmosphaera” suona morente e inquietante come il Dies Irae che scandisce l’arrivo presso l’Overlook Hotel, allora “Oculum Mundi” è la parete che sorregge un dipinto funereo dalla tinta opaca e monocromatica e dal quale fuoriescono lacrime violacee, mentre “Meditationum” prosegue e insiste in celestiale trascendenza, avvolgendo i pensieri con una flebile luminosità.
Forse sarà l’uso del latino e dei colori della copertina (quasi a mostrare un dettaglio di un affresco rinascimentale) che fan viaggiare la mente. De Aeris In Sublunaria Influx è così divino e religioso che si finisce per immaginare Michelangelo, il quale, nell’intento di dipingere la Cappella Sistina e stufo del sonoro di canti gregoriani trasmessi in filodiffusione per tutto il Vaticano, irrompe col suo fare rabbioso nella sala privata del pontefice, proponendo quest’album come sottofondo ufficiale fino al termine dell’opera. Candidato a disco dell’anno? Assai probabile.