TROPIC OF CANCER + DVA DAMAS, 6/10/2013
Roma, Teatro Lo Spazio.
A distanza di due anni, tornano in Europa i Tropic Of Cancer, cioè Camella Lobo, fino a qualche anno fa assieme a suo marito (Juan Mendez, meglio noto come Silent Servant), e oggi accompagnata da Taylor Burch delle Dva Damas. Questa sera, dopo il passaggio per Milano, Bologna e Firenze, è la volta della loro calata romana. Per l’occasione è stato scelto come location il Teatro Lo Spazio, piccolo ma situato in una zona molto centrale: l’ultima volta che ci ero stato era per il documentario su RMHC, ma questa serata è dedicata ad altre sonorità. Si potrebbe riassumere tutto col termine “coldwave”, ma per entrambi i gruppi questo suona anche riduttivo, visto che le influenze da altri generi sono moltissime.
Arrivo intorno alle dieci meno un quarto, quando dentro al locale ci sono ancora pochissime persone. Dopo un “antipasto” (il dj-set di Rawmance, che ci offre un oretta di techno Novanta mischiata con qualche vaga influenza industrial) salgono sul palco i Dva Damas, ovverosia Taylor Burch assieme a Joseph Cocherell, che si occupa della sezione ritmica (drum machine, mentre lei suona la chitarra e canta). L’atmosfera è vagamente meno minimale di quella di Tropic Of Cancer, grazie al sound della telecaster di Taylor, ricco di delay, che rimanda al surf-rock. Lei è incredibilmente impassibile, suona in maniera quasi meccanica, come se non provasse alcuna emozione, il che però non crea alcun problema al pubblico, che assiste con grande piacere a una performance lunga una quarantina di minuti.
Verso le 11 sale sul palco Camella, assieme a Taylor: sono entrambe vestite di rosso, con una camicia bianca, in una maniera che ricorda molto vagamente gli anni Cinquanta. Questa sera suonano soprattutto il materiale tratto da Restless Idylls, uscito quest’anno per Blackest Ever Black. Le basi sono quasi tutte pre-registrate, ma Camella spesso ci aggiunge delle parti di tastiera o di basso, mentre la sua compagna è quasi sempre fissa alla chitarra. Davanti a un locale strapieno il duo riesce a creare un ambiente soffuso, meditativo, a tratti anche psichedelico (grazie alle numerose influenze shoegaze presenti nel sound). Alcuni fischi, a tratti, disturbano quest’atmosfera, senza però rovinare minimamente lo show. Nonostante questo non sia un genere molto adatto alle apparizioni dal vivo, le californiane si dimostrano capaci di suonare per quasi un ora senza annoiare nessuno, lasciando tutti i presenti completamente soddisfatti. Non sono mai stato un grandissimo appassionato di queste sonorità, ma si vedono così pochi concerti di questo genere che è sempre piacevole andarci: è raro che le aspettative restino deluse.