TRAPCOUSTIC, Rugiada
Esperimento: imbastiamo una webzine, anche brutta come questa, scriviamola in italiano (che – lo sappiamo – non serve a niente, perché per mettere in circolo l’underground italiano dovremmo usare l’inglese), pubblichiamo ciascuno una recensione di qualcuno che a vendite sta sistematico sotto le dieci cassette scambiate con gli amici, magari simpatizzante della Grey Area o di altre robe estreme (ma non è necessario). Attenzione: non serve saperne davvero, basta fare della retorica. Ci firmiamo col nostro nome, apriamo un account Facebook o Instagram: i primi a contattarci – perché guai a scrivere al sito, meglio cercare il rapporto personale, perché poi è difficile litigare – per una recensione saranno il bot che vuole la foto del tuo cazzo per ricattarti, Venta Protesix, un’etichetta nata ieri che ha uno split in cui c’è o Fabio Orsi o Aidan Baker (se avete split con Aidan Baker messaggiatemi, grazie), infine Stefano Di Trapani, l’uomo dietro a progetti personali o band (e non sto scherzando, né sui nomi né sul fatto che uno voglia suonare con lui) come Creapopolvsqve, Hiroshima Rocks Around, I Magici, MAXIMILLIAN I°, Micropupazzo, Salò, System Hardware Abnormal, Trapcoustic. Per capirci, giro Roma Est, di cui non è il peggio, perché per essere i peggiori in qualcosa ci vuole talento, è come a fare zero al Totocalcio. Noi abbiamo le nostre colpe: lo abbiamo persino intervistato (spero sia servito a qualcosa a chi lo ha fatto), dunque lui si è convinto che ci occuperemo per sempre di tutto quello che caga (è una metafora che elogia lo sforzo creativo, non mi interessa stabilire che fa merda). E non è uno che caga poco. Purtroppo, anche se la verità non esiste, per come siamo messi oggi, nessuno se ne vuole più occupare. Io sono d’accordo, perché per me era perdibile quando il contesto gli era favorevole, figurarsi adesso.
Breve inciso: chi lo desidera, può leggere questo paragrafo con la voce di Moretti che vuole chiarimenti sull’articolo su “Henry, pioggia di sangue” dal critico che lo ha scritto. Trapcoustic, secondo i nostri stessi recensori, sarebbe: Battisti nello spazio che incontra i King Crimson di “I Talk To The Wind”… nastri accartocciati e lo-fi folk… stralunato pop-flamenco intervallato da field-recordings e chiusura con accenno alla natalizia “Silent night”… no-fi blues con tanto di slide e voce sfasata al seguito… orientalismi posticci. O ancora, ma da un altro nostro post, mentre mi chiedo perché non chiudiamo: pensate pure a un misconosciuto autore della Roma dei Settanta che compone fragili canzoni per un ipotetico film di Dario Argento. Niente di tutto questo esiste, niente di tutto questo è reale. Sono i danni involontari di Blow Up allo stile dei webzinari. Potrebbe, ecco, avere senso dire che Trapcoustic è il nome da supereroe con cui Stefano prova a fare il cantautore.
Rugiada è uscito per Union Editions quest’anno, immagino perché anche da quelle parti vogliono chiudere come me, ed è dedicato – credo – a compagna e figlio, ai quali auguro di potersi vendicare, un giorno. Gli ingredienti sono gli stessi di sempre: chitarra, effetti, loop, voce, nessun senso della melodia pur cercando la melodia (perché Trapcoustic mostra il lato vulnerabile dell’artista, attenzione), suoni approssimativi dato che forse (aggiungo questo forse perché diversamente è querela) non è in grado di ottenere altro, non per scelta estetica come forse (aggiungo questo forse perché diversamente è querela) millanta da cento anni (è sempre lo stesso sketch, pare la Littizzetto), un approccio generale che ti lascia il dubbio se sia serio o non lo sia, distogliendoti dal fatto che questo dubbio forse (aggiungo questo forse perché diversamente è querela) te lo vuole mettere per non darti il tempo di pensare a una cosa molto semplice, cioè che non avevi, non hai e non avrai alcun motivo per riascoltarlo.
In chiusura, regalo alcuni colpi da maestro estrapolati dai testi (ma non è serio, anzi no, forse sì, anzi è meta, è post, dio che interessante che è ‘sta cosa):
- “Io sono una molla nel vento” (ma chi cazzo sono i Litfiba, ndr)
- “Un quadro espressionista nel 3000 indecisione di serrande semi aperte”
- “Il cuore ha crepe come un muro”
- “Io timoroso mi cercavo dentro / Quell’emozione nera da cambiare / In un nettare di mille api”
- “Chiudi gli occhi a riposare / Come rose molto rare”
Di Trapani, se c’ho un nuovo redattore ti chiamo io. Tu aspetta.