“Toccateci, ché siamo malati”: Mudhoney a Firenze
Firenze, Viper Theatre, 31/5/2013.
Per quest’anno, l’unica data italiana dei Mudhoney si è tenuta a Firenze. Una scelta alquanto bizzarra, ma che ha fatto felici tutti quei toscani che non si sono lasciati sfuggire la succulenta occasione.
Chiunque fosse entrato al Viper il trentun maggio, si sarebbe ritrovato catapultato nel 1993, vista la folta presenza di spettatori dal capello rigorosamente lungo e con camicia di flanella d’ordinanza. Parecchi sosia di Eddie Vedder. O di Mark Arm, per l’appunto. Il pubblico avrebbe potuto senz’altro essere più numeroso, ma a questo punto viene spontaneo dire che la qualità conta più della quantità. Infatti, dopo il gruppo d’apertura – i discreti ma altrettanto prevedibili Treatment – le prime file si sono scatenate sulle note di “Slipping Away” e non si sono più fermate, alternando poghi gioiosi a divertiti crowdsurfing, facendo sembrare un po’ meno vuoto il locale.
E i Mudhoney? Be’, su questi quattro splendidi cinquantenni c’è davvero poco da dire, se non che ci hanno regalato una grandissima lezione di rock: quasi due ore filate di musica marcia e selvaggia. Rarissime le pause tra un pezzo e l’altro, con una scaletta che prevedeva brani tratti dall’ultimo lavoro in studio Vanishing Point e doverosi ripescaggi dal loro vecchio repertorio. “Suck You Dry” o “Sweet Young Thing (Ain’t Sweet No More)”, ad esempio, hanno tenuto fede alla loro versione su disco, guadagnandoci molto in potenza e intensità. Non poteva mancare il classico dei classici: “Touch Me, I’m Sick”, uno degli inni del grunge, quello che, com’era prevedibile, ha scaldato di più il pubblico del Viper, complice anche un’esecuzione incendiaria.
È stata la stessa “Touch Me, I’m Sick” a far da cesura al concerto e a dare il via alla parte in cui Mark Arm si è liberato della chitarra, mettendosi a fare il frontman in tutti i sensi, dimostrando di essere un eccezionale animale da palco e anche un grande imitatore di Iggy Pop. Del resto, era lui che diceva «O stai con gli Stooges, o sei il nemico», è vero o no?
Hanno chiuso il concerto, in un bis che si è rivelato più generoso di quanto ci si aspettasse (e ciò non può che essere un bene): “The Money Will Roll Right In”, cover dei Fang che a suo tempo la band di Seattle suonava assieme a Cobain, “Hate The Police” dei Dicks e “Fix Me” dei Black Flag, un sentito e riuscitissimo omaggio al passato e alle radici della musica del gruppo.
Davvero in splendida forma, i Mudhoney: precisi e inappuntabili dal punto di vista tecnico, trascinanti e divertenti sul palco. Ottimi i suoni: per nulla impastati nonostante le distorsioni, con le due chitarre (Mark Arm e il grande Steve Turner) perfettamente distinguibili l’una dall’altra. I volumi, forse un po’ troppo bassi.
Un Mark Arm, come già detto, all’altezza della situazione, sia per quanto riguarda la presenza scenica, sia per la voce. Stakanovista, invece, la sezione ritmica: una instancabile macchina da guerra dall’inizio alla fine.
Un concerto al quale era impossibile mancare. Imperdonabile chi non ha presenziato e ce li aveva a un tiro di schioppo da casa.