TITHE, Penance
Tra le novità discografiche più interessanti di questa prima metà del 2020, per quanto riguarda il metal estremo, c’è sicuramente l’esordio a 33 giri dei Tithe, promettente trio di Portland (Oregon) composto da Matt Eiseman alla chitarra e alla voce, Alexander Huddleston al basso e Kevin Swartz alla batteria. La loro musica è un potente mix di death metal, grindcore e sludge/doom che farà la gioia dei fan di Coffinworm, Soilent Green, Lord Mantis, Wolvhammer ed Asphyx. Le canzoni, corrosive e fangose, mettono in luce l’eccezionale qualità della scrittura, abilmente espressa da continui cambi di tempo e di registro e da un sapiente bilanciamento di sferraglianti accelerazioni grindcore e melodie narcolettiche. Colpisce, in particolare, la fluidità con la quale si passa da impetuosi riff death/grind ad un incedere soffocante e funereo e viceversa; una formula ampiamente sperimentata nel corso di questi ultimi anni ma con risultati non sempre all’altezza di quelli raggiunti dalla band di Portland. Il malessere e il disgusto serpeggiano tra i solchi di questo disco e prendono forma attraverso una vocalità urticante e melodie degeneri, insinuandosi, poco a poco, nella mente dell’ascoltatore. La sorprendente coesione d’insieme è il frutto dell’efficace lavoro svolto dalla sezione ritmica e, in particolare, dalla batteria, vero fiore all’occhiello di un disco che esibisce una maturità non comune per una band al suo esordio. Anche se all’apparenza un po’ grezza, la resa sonora complessiva non delude affatto, ma, al contrario, rende evidente l’impegno profuso dal gruppo per realizzare qualcosa che fosse compiuto da ogni punto di vista. Promosso a pieni voti.