TIMBER RATTLE + CHAMBERS, 5/4/2014
Per questa serata, The New Noise e il Glue-Lab si sono uniti alla Sonatine Produzioni per portare ad Ancona un’accoppiata decisamente atipica, seppure in qualche modo collegata da frequentazioni e amicizie comuni, ovverosia i Chambers e gli americani Timber Rattle. Di sicuro, da un punto di vista musicale le due realtà differiscono non poco sia per approccio che per stile: tanto energici e passionali i primi, quanto dilatati e astratti i secondi, fautori di una psichedelia rallentata a lambire il drone e sussurrata nei toni come nei volumi. I Chambers aprono la serata con un mix perfettamente bilanciato di brani tratti dalle loro release e presentano la raccolta atipica Colpi Scapoli, nella quale spiccano le rielaborazioni di tre pezzi tratti dal loro debutto. La formazione ha un impatto che non si può contenere, travolge i presenti, pochi ma buoni, e si getta a capofitto in una girandola emotiva che si stacca dai cliché con un piglio scanzonato e insofferente alle regole tipicamente toscano, il che segna la differenza con i concorrenti che si prendono troppo sul serio o rischiano di farlo. Qui, invece, prevale la voglia di divertirsi e lasciarsi andare, condividere emozioni e raccontare storie personali senza alcuna auto-commiserazione o posa da bel tenebroso. Ci si trova scaraventati in un vortice in cui sprazzi di hardcore, approccio “post” e furia rock’n’roll si fronteggiano e si bagnano in altri linguaggi senza aver paura di mettersi in gioco. Nulla da eccepire, a parte il dispiacere di non aver condiviso l’evento con una sala più gremita, ma in fondo l’atmosfera conviviale che si è instaurata ha dato un sapore particolare al tutto e ha lasciato l’impressione di partecipare a una vera e propria festa più che ad un concerto.
Con i Timber Rattle le cose si fanno decisamente più pacate e meditative, ci si accomoda per terra e si spengono le luci, tanto da lasciare il palco in semi-oscurità con i tre musicisti affiancati sulla stessa linea. Le note lasciate sospese, i cori dal forte mood rituale, i suoni tanto lievi da apparire come sussurri trasportati dal vento, donano un sapore notturno e onirico ad un’esperienza che, pur distante dall’usuale, si sa imporre per la capacità di trasmettere ai presenti una catartica sensazione di distacco dal mondo circostante. Quella dei tre (almeno in quest’occasione) americani è una posizione radicale nei confronti del suono, un modus operandi che si contrappone nettamente a quanto di solito presentato su questo stesso palco e ribadisce come il Glue-Lab sia luogo aperto a ogni forma espressiva dotata di una propria personalità ben definita. Il fatto, poi, di aver condiviso l’organizzazione e di aver fatto confluire in un’unica serata suoni e realtà solitamente distanti non può che rafforzare questo concetto e renderci in qualche modo ancora più felici dell’esserne stati parte attiva.
Per le foto, come sempre, grazie a Ludovica Galeazzi.