THURM, S/t
I Thurm nascono dall’unione tra Amber, Archivist e Anteater, già così un buon biglietto di presentazione, che non rende però giustizia alla forza di questo debutto che dà voce alla comune passione per l’estremismo a cavallo tra hardcore e black metal, per un insieme, se non proprio inusitato, in questo caso quanto mai a fuoco e riuscito. Il motivo è presto detto, i Thurm prendono il meglio dai due mondi e non si limitano a mischiarne gli ingredienti, piuttosto li fondono in una colata di suono urticante e d’impatto. La prima cosa che vale la pena sottolineare è, senza dubbio, la presenza di testi dal marcato taglio socio-politico di chiare matrice hc, una fotografia crudele e impietosa dello stato delle cose, che va a toccare le varie facce del degrado cui la società moderna sta condannando il pianeta. Con un simile raggio d’azione nei versi, era logico aspettarsi qualcosa di crudele, in cui l’oscurità black si distende su note lancinanti e acuminate, quasi noise nel loro graffiare l’ascoltatore. Il viaggio all’interno del disco prodotto dalla Narshardaa assume i connotati di un documentario in bianco e nero che avanza per immagini sparate a intermittenza, senza sosta e, soprattutto, senza possibilità di riprendere fiato. Per questo, non ci si deve stupire se si arriva a fine corsa con il respiro spezzato e una strana sensazione d’ansia: i Thurm non sono una formazione nata per moda, bensì il risultato di una reale comunione d’intenti e di un senso di malessere quotidiano. Per questo, nonostante oggi non manchino esempi di crossover tra i due linguaggi prescelti dalla band, il suo appare come uno di quelli più meritevoli di attenzione. Anche per questo motivo abbiamo deciso di andare a fondo in sede di intervista, convinti che su certi lidi l’attitudine possa ancora fare la differenza tra chi ha realmente qualcosa da dire e chi si limita a cavalcare un trend. Promossi a pieni voti.