threestepstotheocean, Migration Light [+ full album stream]
I threestepstotheocean hanno atteso tre anni per dare un seguito a Scents, uscito nel 2012, un periodo fin troppo lungo per i canoni di un mercato basato oggi su ritmi ben più serrati, pena la perdita di visibilità e di potenziale interesse. Fortuna nostra, la formazione milanese non rientra in questo tipo di dinamiche e preferisce un approccio artigianale, concedendosi le giuste tempistiche e seguendo ogni fase del lavoro, dalla scrittura alla scelta dei suoni (dei quali, appunto, ha deciso di occuparsi in prima persona) fino al mastering finale, unico momento in cui le tracce hanno lasciato gli occhi vigili dei musicisti. Quest’impostazione mentale, per quanto coraggiosa, ha dato i suoi frutti, perché Migration Light s’impone per una cura certosina e per una gamma di sfumature solitamente non comuni quando si ha a che fare con simili linguaggi. Se la base di partenza è quel crocevia di generi accomunati dal suffisso “post”, con il rincorrersi di atmosfere dilatate e riff di marca metal, quello che sorprende è il trovare anche sprazzi di americana (impossibile non citare gli Earth di Hex e The Bees), così come un interessante retrogusto ambient. La summa dei differenti sapori che vanno a comporre il quarto disco dei threestepstotheocean si palesa nella finale “Primordial Leavers”, perfetta nel suo riuscire a inglobare ogni singola componente in un crescendo che accompagna ai titoli di coda. Il gusto nel sistemare le linee melodiche, spesso segnate da un velo di malinconia, permette infine alle tracce di sfuggire la stucchevolezza e il fastidioso sapore di melenso che rischiano spesso di infiltrarsi quando si flirta con l’aggettivo “emotivo” (il cui utilizzo palesa come non sia casuale la presenza, tra le altre, proprio della Tokyo Jupiter). Il risultato finale è un album per il quale si possono utilizzare fianco a fianco aggettivi apparentemente contraddittori: epico ed etereo, potente e malinconico, pur senza perdere di vista la necessità di far vivere all’ascoltatore un’esperienza avvolgente e non frammentaria. Da degustare con la giusta atmosfera e tranquillità, proprio come un buon bicchiere di vino d.o.c. Se poi siete quelli a cui piace il vino in cartone, liberi di passare oltre.