THE THUGS, Holy Cobra Dub
Ho sempre visto il reiterarsi dub e reggae come suono trance, con cui cadere in un gorgo, qualcosa non dissimile dai raga o dalla psichedelia. Musica per cambiare percezione e viaggiare. Quando Nicola Giunta mi ha detto che stava lavorando a un progetto a metà fra dub-roots, psichedelia e post-punk devo dire che mi si sono rizzati i peli del collo. Poi ho ascoltato “Dark Waters”, il primo singolo estratto, e di seguito tutto il disco.
DI Holy Cobra Dub ci rimane in mano la pelle, appena staccatasi dal corpo della sacra bestia. Lui se ne è già andato strisciante, senza lasciarci altro scampo che vagare fra le spire di suono lasciate. Fumi nebbiosi, chincaglierie a risuonare e voci che sembrano provenire da una dimensione nella quale la nostra anima ancora non è giunta. Le tracce non fanno prigionieri, mettendo mattone sopra mattone ritmi ed effetti, portandoci via con loro secondo stilemi antichissimi che non sono altro che gli anni Settanta giamaicani. A tenere il ritmo troviamo Edoardo Guariento, di norma dedito al metal-core e qui metronomo affidabile e sicuro: sopra il suo ritmo e alle cortine fumogene passano immagini, voci, suoni che rapiscono in un viaggio perennemente in bilico fra realtà e trascendenza. Giamaica, India, Trinacria, terre arse dal sole e declinanti ritmi differenti, inglobabili in un plastico reggae che tutto contiene e tutto fluidifica. Ritmi ancheggianti, in un eterno rallentatore, i due musicisti a lanciare razzi, colpi ed effetti in quella zona di unione fra il giorno e la notte che ci fa abbassare le difese e la testa, ondeggiando un beat dopo l’altro, fino a renderci conto d’essere sprofondati in mezzo a delle sabbie mobili mentre i due, armati di strumentazioni di una cinquantina di anni fa, ci guardano sornioni, kriss alla mano. Incrociamo le dita, abbiamo Tremal-Nail dalla nostra a proteggerci nella boscaglia e qui bloccati in realtà si sta una bellezza.