THE MYRRORS, Nik Rayne

I Myrrors al Levitation

La notizia principale è che i Myrrors da Tucson (Arizona) faranno un tour di due mesi in Europa, passando anche in Italia: 8 ottobre a Trieste (Tetris), 9 a Padova (Sub Cult Fest), 10 Roma (Sinister Noise), 11 Pescara (Orange Rock Cafe), 18 Avellino (Godot Art Bistrot), 19 Arezzo (Pastificio Elettrico), 20 San Gemini (TR, Degustazioni Musicali Umbria). Il gruppo fondato da Nik Rayne e Grant Beyschau (il primo voce e chitarra, il secondo batteria, ma entrambi alle prese con una varietà di strumenti) ha una storia particolare, che inizia nel 2008 e ricomincia nel 2012, anno in cui il loro esordio Burning Circles In The Sky viene ristampato e piano piano entra in circolo nei corpi degli appassionati. Nel 2013 esce Solar Collector, che documenta il rimettersi in marcia (nel deserto, ovviamente) della band, poi sostanzialmente si arriva a oggi con Arena Negra, un album in cui i pezzi si estendono quanto pare a loro, tra misticismo e influenza delle avanguardie (Conrad, Riley), dunque tra psichedelia, minimalismo e drone, fino a impensabili (sette anni fa) accostamenti a band come Om ed Earth, anche se quello dei ragazzi è molto più spesso un baccanale che un rito doomeggiante.

Sempre quest’anno – a fianco di Flaming Lips, Spiritualized, 13th Floor Elevators… – sono finiti a suonare al Levitation (cioè il famosissimo Austin Psych Fest), che li ha appunto definiti “an experimental psychedelic rock band”. Dato che non esiste alcun tipo di racconto in italiano sui Myrrors, abbiamo pensato di abbeverarci anzitutto alla fonte.

Tieni conto, per favore, che ti scrivo da un mondo molto diverso. La mia prima domanda è: il paesaggio dell’Arizona ha un effetto su ciò che suonate?

Nik Rayne: Penso che provenire dal deserto influenzi moltissimo lo spirito della tua musica, specie se suoni quello che suoniamo noi, che è basato in modo pesante sull’improvvisazione. Il paesaggio qua fuori sembra anche possedere un elemento drone particolarmente arido, dunque bisognerebbe proprio discutere se il drone nel nostro sound abbia origine da noi che scaviamo nel deserto o da La Monte Young!

E la vostra scena locale vi influenza in qualche maniera? Si direbbe che l’Arizona abbia delle storie da raccontare sulla psichedelia. Posso leggere anche che il fare musica è molto incoraggiato, così come il sentire altri suonarla (organizzazioni, festival…).

Oggi Tucson è decisamente un gran bel posto dove fare musica. C’è molto cameratismo e molta contaminazione creativa, e spazi come Exploded View Microcinema di recente hanno soffiato nuova vita negli angoli più sperimentali della comunità. L’annuale “Night of the Living Fest” è diventato un evento piuttosto radicale, portando musica da dovunque, e la città ha anche un lato “manifatturiero”, dato che ci sono i Lathecuts di Mike Dixon, che fabbrica vinili tra i più strani e creativi che abbia mai visto.

Per essere onesto non sono sicuro che l’Arizona sia stata poi così tanto un focolaio di musica psichedelica, nonostante ci siano stati contributi occasionali al genere grazie a gruppi come Kennelmus o Sun City Girls. Oggi, per quanto riguarda Tucson, è doveroso sentirsi gente come Ohioan, Mute Swan, Wet Marble, CIA Style, Eric Schlappi e Algae And Tentacles, un breve elenco piuttosto eclettico ma che cattura lo spirito di qua.

Correggimi se sbaglio, per favore: le forze creative dietro la band siete tu e Grant Beyschau (entrambi dietro una varietà di strumenti, ndr). Come funziona tra voi due?

Dunque, Grant ed io abbiamo fondato la band a scuola, quindi ormai andiamo abbastanza indietro nel tempo. Da quando abbiamo ri-formato i Myrrors la scrittura delle canzoni è sempre stata abbastanza una collaborazione, jammando con basso e batteria oppure facendo brainstorming sulle idee e discutendole una per una. Secondo me le ragioni per le quali fra noi funziona sono che ascoltiamo musica simile e i nostri interessi filosofici sono vicini, anche se abbiamo approcci che non hanno proprio lo stesso punto di partenza. Lo yin e lo yang probabilmente ci aiutano a tenere le cose in equilibrio e ci lasciano andare avanti senza mai incagliarci.

C’è un gap di sette anni tra il primo e il secondo album. Oggi sembra che la gente vi apprezzi di più e che sia iniziato una specie di passaparola. Cos’è cambiato in questi sette anni? Cos’ha fatto click nella mente delle persone?

Non so se ci sia stato un reale cambiamento nel modo in cui la gente si approccia alla musica. Certe cose semplicemente hanno bisogno del loro tempo per fare presa, sai? Siamo molto fortunati ad avere così tante persone interessate quanto noi a quello che facciamo, e che cercano nuova musica tanto quanto quella vecchia… di sicuro dobbiamo moltissimi ringraziamenti Mike e Dom di Beyond Beyond Is Beyond Records, Dave Cambridge di Cardinal Fuzz e Casper Dee di Fuzz Club, perché ci supportano mentre noi proseguiamo il nostro viaggio. Con tutti loro pubblicare dei dischi è stata una bella esperienza.

Ho letto due vostre interviste: nella prima menzionate Tony Conrad, nella seconda Terry Riley. Non sono riferimenti ovvi, ma adesso posso effettivamente vedere ripetizione, drone e minimalismo nel vostro lavoro. Come siete entrati in contatto con questo tipo di musiche sperimentali?

Probabilmente allo stesso modo di tutti gli altri, cioè attraverso una costante ricostruzione dei nomi fatti dagli artisti che seguivamo (Velvet Underground, Pärson Sound, Faust, Don Cherry…). Scoprire i primi lavori di Terry Riley è stato decisamente un punto di svolta nel come io e Grant percepiamo il nostro operato, dato che noi ci occupiamo di una serie di filoni musicali che sembrano proprio radicati in ciò che lui faceva più di quarant’anni fa.

Photo Credit: Kevin Moynahan, 2014

Ho notato la coesistenza di spagnolo ed inglese nei vostri dischi. Siccome sono molto distante da voi, non riesco a capire bene quando avete bisogno di usare una lingua anziché un’altra.

Non sono certo di cosa mi porti a usare una o l’altra lingua, sono semplicemente due diversi mezzi d’espressione. Quando scrivo testi di un pezzo che è quasi finito, tendo a lasciare che l’umore della musica detti le parole… a volte qualcosa mi esce in spagnolo e lascio andare avanti così. Sono molto innamorato della musica politica latinoamericana degli anni Settanta (Victor Jara, Daniel Viglietti, Quilapayun, Atahualpa Yupanqui…), e questo può avermi influenzato.

A livello inconscio c’è qualcosa che mi fa sentire una connessione tra voi e gli Om. Mi fa piacere vedere in Rete che non sono il solo. Ascolti questa band? O una band come gli Earth?

Anche io ho letto di questo paragone e lo trovo interessante. Ci piacciono entrambe le band, ma secondo me il nostro approccio è molto diverso. Penso che i denominatori comuni più ovvi siano le radici nella drone music e la tendenza ad andare lunghi col nostro materiale…

Avete suonato al Levitation quest’anno (l’ex Austin Psych Fest, ndr). Sta diventando uno di quegli eventi conosciuti in tutto il mondo (come l’ATP, il Primavera, il Roadburn…). Penso che un mucchio di nostri lettori vorrebbero andarci, ma per un giovane europeo vuol dire un sacco di soldi. Che ci racconti della tua esperienza lì?

Il weekend passato lì è andato via molto velocemente, ma so che ci siamo divertiti molto. C’era un sacco di musica meravigliosa e la situazione sembrava calda e coinvolgente. Vedere i 13th Floor Elevators, ovviamente, è stato uno degli “highlight”, ma alla pari con gruppi non principali come Eternal Tapestry e Dallas Acid… Comunque, a proposito di giovani europei, noi suoneremo a un paio di festival radicali durante il nostro tour europeo di ottobre e novembre, specie il Le Guess Who di Utrecht. Cartellone incredibile, quello del Le Guess Who, personalmente spero di essere in grado di beccarmi Keiji Haino e Okay Temiz!

Parliamo di questo tour, allora. È la prima volta come musicisti? E come turisti? Che t’aspetti dal pubblico europeo?

Ho vissuto quattro anni un po’ fuori Monaco quando ero giovane, ma è la prima volta che arrivo in qualità di performer. Non saprei che aspettative abbiamo, anche se continuiamo a sentir dire quanto meravigliosi siano i pubblici europei. Abbiamo anche sentito che c’è molto più supporto per le arti da voi che qui da noi negli Stati Uniti, ma non è questa gran novità! Alla fin fine direi che siamo semplicemente entusiasti di incontrare i nostri amici e i nostri fan al di là del’oceano e di suonare per loro. Spero di vedervi là fuori, passate e salutateci!

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