THE JEZABELS, Prisoner
Dietro le sbarre del pop.
Esordio autoprodotto per il quartetto australiano (dopo una manciata di ep) e si capisce subito dove vanno a parare. Canzoni epiche ingabbiate in istanze di marca wave 80, malinconiche dark-tunes e angst leggera alla maniera degli Arcade Fire. Certi passaggi vanno giù pesante coi modelli di riferimento (“Try Colour”), mentre in “Rosebud” la robusta verve Fm affiora come un fantasma che ci mostra fiero il poster di Kim Wilde (ma non ditelo troppo in giro). Insomma si comprende che i ragazzi non fanno dell’originalità la loro dote migliore. Eppure il tutto è suonato con buona perizia tecnica e si sente comunque che dietro di loro c’è un produttore che coordina la (giovane) baracca. Interessanti ad esempio la viola di “Deep Wide Ocean” o l’esperimento “Piece Of Mind”, che azzarda la voglia di smarcarsi solo per un istante dal modello vincente che ha sedotto la band e non le permette di esprimersi fino in fondo. La voce di Hayley Mary è mascolina (quindi in sé intrigante) ma alla fin fine non molto originale, per dire la verità, mentre le trame chitarristiche insistono nel prevedibile accostamento al’attuale tendenza di enfatizzare il corpo rock senza mai renderlo vero protagonista della scena, come accade a tanta musica degli ultimi anni, inutile fare nomi. Indie all’acqua di rose, ben confezionato e con tutti i crismi della commerciabilità, ma non è un male, sia chiaro. Solo non ha conquistato le nostre orecchie, e neanche quelle dei numerosi addetti ai lavori a quanto pare, tanto che ci sentiamo di ribadire il concetto: “Prisoner” è un disco del quale si può anche fare a meno.
Tracklist
01. Prisoner
02. Endless Summer
03. Long Highway
04. Try Colour
05. Rosebud
06. City Girl
07. Nobody Nowhere
08. Horsehead
09. Austerlitz
10. Deep Wide Ocean
11. Piece Of Mind
12. Reprise
13. Catch Me