THE HELL, Groovehammer
Un gruppo di amici che se la passano bene in compagnia l’uno dell’altro: è questa l’attitudine che traspare dal genere di hardcore punk suonato dai The Hell, ed è anche uno stile di vita abbracciato da sempre più band che, stanche del solito mortorio sotto il palco e delle moine dello screamo, scelgono un suono alternativo e molto più denso per dare vita a un’irrefrenabile grinta da disastro nel pit. Non è un caso che il gruppo faccia di “Everybody Dies” il manifesto dell’album, un inno al menefreghismo e al carpe diem, senza nascondere qualche frase da rimprovero. Non è però solo in questa canzone – di cui è stato fatto anche il video – che si nascondono i tesori di questo Groovehammer, uscito per Prosthetic Records: come da titolo, i pezzi dell’album sono delle pesanti martellate di groove, costituite da chitarre fra il metal e lo stoner più ubriaco, per cui, ad esempio, è impossibile non bere Jägermeister mentre si ascolta “Battleship”. Una delle carte vincenti calate dagli Hell è quella delle due voci: una oscura e pesante, l’altra isterica e grind, come si nota bene in “Deal With It”, un nervoso orgasmo di violenza, con un testo che suona polemico nei confronti dell’hardcore più composto, quello che si è stabilizzato e che sembra seguire uno schema e delle regole, mentre qui, trattandosi di crossover unito ad un’attitudine festiva e caotica, il genere torna a quella confusione alla quale era devoto. Insomma, siamo di fronte a un gruppo sincero e genuino, il cui scopo è quello di farti sentire di nuovo il calore sotto il palco e l’energia durante l’ascolto.