THE FORESHADOWING, New Wave Order
Non li conoscevo, giuro. Li ho ascoltati senza sapere chi fossero, se non che erano italiani. Dovevo coprire Licia, che li voleva intervistare per The New Noise, ma che aveva già scritto la recensione del loro disco per Tuonela (intanto qui avete il suo live report su di loro). Sono andato sul Discogs dei metallari, Metal Archives, a vedere se dopo un paio di giri nel player avevo indovinato di dov’erano e a che band erano collegati: Alessandro Pace, chitarrista, per un periodo ha suonato con i Dope Stars Inc. (brutti come pochi gruppi che ho ascoltato, devo dire), coi Klimt 1918 e – come il tastierista Francesco Tosto – per un paio d’anni con Spiritual Front, mentre Giuseppe Orlando è stato il batterista dei più famosi Novembre (è fratello di Carmelo, che dei Novembre era voce, chitarra) e ha gli Outer Sound Studios. Il bassista Michele Attolino è o è stato in una miriade di band di cui non so nulla, ma avevo indovinato, perché stiamo parlando di quel giro di musicisti con base a Roma che – come i loro fratelli maggiori Paradise Lost, Katatonia, My Dying Bride e Anathema – hanno una matrice death/doom metal e suonano una loro versione del gothic metal influenzata dalle cose meno pesanti che ascoltavano negli anni Ottanta quando erano pischelli (dai Sisters ai Depeche, dai Cure ai Dead Can Dance) o che hanno scoperto da più grandi quando si sono fatti l’idea che maturare volesse dire ascoltare anche roba meno estrema. Non per niente poco tempo fa i Foreshadowing hanno affrontato il gigante Talk Talk e alla fine it wasn’t a shame.
Loro sono molto onesti: fanno quello che amano da decenni e sono molto bravi, secondo me, e hanno cavato fuori grandissimi suoni dalla registrazione. Sono talmente coesi e consci del loro sound, che si scopre che chitarrista e tastierista in alcune occasioni si sono scambiati lo strumento. Marco Benevento, poi, è un grandissimo cantante per loro, quello che un po’ tutti i gruppi di questo tipo sognano, una specie di Dave Gahan meno soul e più Peter Steele. Per questo poi brani come “Lobbies” e “Judas Had A Friend” sembrano usciti dal canzoniere dei Paradise Lost altezza Draconian, col resto che si mantiene su buoni livelli, fino alle melodie tristissime di “Vox Dei”, altro pezzone non banale. Chiaramente è come se fossero rimasti fuori dalla linea temporale principale o forse sono tutti quei gruppi che si sono messi a rileggere il primo death o al primo death/doom a esser finiti in un altro universo. O forse ancora dovremmo metterci tutti ad ascoltare gli Oranssi Pazuzu o direttamente FKA Twigs. In realtà, a volte basta solo sapere cosa si vuole e soprattutto aver a che fare con band come questa, che non getta il fumo negli occhi a nessuno.
P.S.: New Wave Order, come titolo, non mi fa impazzire, in primis perché per quanto vi mettiate la cravatta e abbiate un synth non siete new wave e non siete i New Order… a quel punto potevate chiamarlo, come forse all’inizio volevate fare ma vi pareva banale, “New World Order” e basta, visti testi e copertina.