THE DWARFS OF EAST AGOUZA, Bes
Alan Bishop (Sun City Girls), Sam Shalabi (Land Of Kush) e Maurice Louca sono musicisti di lungo corso: questa considerazione solo nel migliore dei casi fa rima con ispirazione e attitudine a misurarsi con qualcosa di realmente diverso dal solito. Tuttavia è proprio il caso loro, dato che Bes è un album-fiume che sorprende (data la caratura dei musicisti neanche più di tanto, a pensarci bene): una lunga e torrenziale passeggiata ritmica ispirata dalle musiche da sempre amate dai tre, vi basti l’iniziale “Baka Of The Future” per incominciare subito a perdervi piacevolmente nel flusso quasi ininterrotto di note. Ricordiamo che un paio di loro sono egiziani, Bishop infatti ha raggiunto gli altri soci, e portano avanti il vessillo di un certo modo di fare “rock” fuori dai consueti circuiti anglo-americani. Alla base di tutto c’è la figura popolare del dio Bes, sorta di ancestrale “portafortuna” tipico dell’immaginario collettivo di quei luoghi. La breve “Resinance” è un florilegio di arpeggi e percussioni ricamate attorno a sapide note d’organo e synth (opera di Louca) e un giro di basso più che efficace. La conclusiva “Museum Of Stranglers” è ardita metafora di una navigazione in un mare tempestoso che sembra non avere mai fine: quaranta minuti circa di deviazioni, privazione dei sensi, estatico levare tra sezioni di arpeggi folli della chitarra (di Shalabi) e del sax (suonato da Bishop) che in pratica sembra un disco nel disco, con la jam che nella parte centrale si quieta un po’ ospitando quelli che paiono solo rumori ed effetti, poi si ricomincia con la linea melodica portante. Per tutto questo, ma non solo, Bes è lavoro irrimediabilmente ostico e di sicuro fascino, come forse dev’essere un vero “viaggio”. Questa è musica per ascoltatori con le antenne particolarmente ricettive.