THE CHATS, Get Fucked
Del fatto che l’Australia fosse, anche negli anni Venti del terzo millennio, una terra promettente per il punk rock soprattutto d’ispirazione settantiana e “classica” si era avuta una riprova negli anni passati col boom a livello mondiale degli Amyl And The Sniffers, che oggi riportano quelle sonorità alle orecchie delle nuove generazioni.
L’eredità di band come Radio Birdman, The Saints o Cosmic Psychos può essere pesante e il secondo album degli “aussie rockers” The Chats si inserisce con decisione in questo discorso. Già autori di un debutto decisamente promettente nel 2020 (High Risk Behaviour) e di vari ep a partire dall’omonimo del 2016, propongono un garage punk frenetico e ruvido molto improntato sul lo-fi ma con incursioni power pop e hardcore. Get Fucked, allo stesso modo, mette in tavola un garage punk che deve qualcosa ai nomi storici, ma con un accento così marcato e momenti street punk che a tratti sembra di sbarcare direttamente sulle isole britanniche di Sham 69 e Stiff Little Fingers. Le tredici tracce scorrono una dopo l’altra per un totale di poco meno di mezz’ora di durata con richiami pure alla frenesia dei Toy Dolls, alle chitarre degli Hives ma anche al “surf hardcore” di Agent Orange e Adolescents, fino ai classici dell’hardcore di Washington dei primi anni Ottanta. Le tematiche trattate esulano dal sociale o dall’eccessivamente impegnato con testi incentrati sui “disagi della quotidianità” cui è sottoposto il trio, spesso con forti venature quasi demenziali (“The Price Of Smokes”) che si adattano molto bene agli arrangiamenti e registri vocali proposti.
Il risultato finale è un album punk a tutti gli effetti che si può considerare una delle migliori uscite (e un’ottima chiusura) dell’anno ormai prossimo a finire.