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THE BODY & DIS FIG, Orchards Of A Futile Heaven

Non posso saperlo, ma secondo me uno che legge The New Noise si aspetta che noi parliamo di The Body e Dis Fig, artisti che non ha senso ri-presentare per l’ennesima volta. Trasversali rispetto ai generi, se non sono innovativi sono comunque in grado di ricombinare il dna dei suoni più oltranzisti in qualcosa di poco scontato. Non era forse per questo che nel 2012 abbiamo messo in piedi questa webzine? Volevamo il sangue, ma non alla solita maniera. Negli anni, in realtà, ne abbiamo viste e sentite di tutti i colori, e forse abbiamo perso questo tratto iniziale o magari è che non è uscito qualcosa di valido con queste caratteristiche. Qui la missione sembra facile, perché il contrasto tra i due nomi è così palese che nessun fan di certe musiche si asterrà dall’ascoltare Orchards Of A Futile Heaven, anche solo per curiosità. Il minimo comune denominatore in realtà c’è: tutti qui sono primordiali, elementari. I The Body producono un magma distorto, in apparenza più elettronico e meno metal, che occupa lentamente tutto lo spazio (Wolf Eyes + Khanate + King Tubby, quando le cose vanno bene): là, in mezzo alla merda, Felicia Chen/Dis Fig prova a non bruciare viva, urlando come non le abbiamo sentito fare nel disco con Kevin Martin/The Bug. Lo dico sempre e lo ripeto, qui nessuno fa il critico d’arte, ma al massimo l’amico con in tasca qualche lira in più (o con più tempo libero) che ha già ascoltato il disco: consiglio semplicemente di arrivare fino alla fine (“Coils Of Kaa” e “Back To The Water”), dato che l’inizio non è stupefacente, e di sentire quanto è viscerale, reale, autentico l’insieme (avrete davvero paura per l’incolumità di lei). A quel punto potreste essere contenti di non aver lasciato perdere.