THE BIG SELF, The Big Self
Dietro a The Big Self si cela l’animo inquieto di Paolo Messere, già con Blessed Child Opera ed Ostara’s Bless. In questo nuovo progetto sembra scavare una catacomba, nella quale invita poi una selezionata clientela a ballare al ritmo caracollante del suo salmodiare. Paolo sceglie di rimanere nel retro, lasciando in primo piano una musica che unisce spezie d’oriente, vecchie balere a tarda ora e fumo di Gitanes. Potremmo anche scorgere qualcuno dei Gallon Drunk far bisboccia con Dave Gahan ma forse sono soltanto questi pessimi cocktail che fanno effetto. Paolo mente male, cacciandoci nell’oltretomba mentre giura di liberarci in “I Free You”, con dei giri ipnotici e sacrali, ma di un tono talmente scuro da far venire la pelle d’oca. Ogni brano scende più giù nella spirale, con voci femminili a far da sirene e beats che strisciano ovunque. Tablas e battiti di mani, come se avessero trasferito le gesta di Louis Cyphre da New Orleans a New Dehli in un nuovo ascensore per l’inferno. Quando i ritmi si raddrizzano in “On The Thread Of Red Passions” il sentire è comunque bizzarro, come un folle che balla sulle macerie di qualcosa che lui stesso ha provocato, animato da suoni che potrebbero essere prodotti da un Dr. Phibes, bambini urlanti un mantra demoniaco, sentori teutonici.
The Big Self è un album che cammina sull’orlo fra equilibrio e disastro, riuscendo magicamente ad evitare cadute… del resto la traccia finale si intitola “Victim Of My Own Mistery”, quanto mai sintomatica per un progetto da tenere assolutamente a bada, capace com’è di guizzi e colpi di coda.