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THE BELLRAYS, Punk Funk Rock Soul, Vol 2

“Se la musica è cibo per l’anima, allora i Bellrays sono cuochi nel giorno del Ringraziamento”: è scritto nella loro biografia ufficiale. La tavola è imbandita con ogni ben di dio, senza stramberie da nouvelle cuisine o velleità avanguardistiche: puro e sano songwriting da festa, da ballare e per sballare. Musica per stare bene, benedetta dalla voce nera, serotina e potente di Lisa Kekaula. Solitamente descritti come un incrocio tra Stooges e Aretha Franklin, oppure tra Tina Turner e gli MC5, o come un James Brown preso a calci nelle palle dagli Who (di funk io ci sento poco, ma trovo questa definizione davvero bella), i Bellrays da oltre vent’anni semplicemente suonano high energy rock’n’roll influenzato da Beatles, Muddy Waters, Creedence Clearwater Revival, Stevie Wonder, Cream, e l’elenco è per forza di cose parzialissimo.

Alle orecchie di chi scrive la ricetta della band suona fresca e convincente, come solo i grandi sanno fare quando si tratta di musiche sentite e strasentite: dal mid tempo di “Bad Reaction” – che fa collidere felicemente enfasi e coralità soul con ruggini da rock stradaiolo – alle aperture melodiche byrdsiane di “I Can’t Hide” e al bignami blues di “Man Enough”, l’inizio è di quelli col botto. Un disco che soddisfa pancia e cuore, lasciando in pace per una volta il cervello, e va benissimo così. Alzare il volume, abbassare il finestrino, ridere, sbevazzare e darsi pacche sulle spalle tra amici: ecco di cosa fanno venire voglia questi pezzi, sempre sorretti da una motivazione e un’urgenza vive, palpabili, sincere. Facciamo musica perché dobbiamo, dicono semplicemente i Bellrays, come dei Blues Brothers in missione per conto di Dio (“Perfect”, un rock americano che in 99 casi su 100 mi avrebbe infastidito e che qui invece suona intenso e credibile), e sciorinano dieci pezzi tutti fiduciosamente rivolti al cielo, come “Brand New Day”, che ha la solarità del gospel e il limpido gusto melodico di certi R.E.M. , o “Junior High”, dove punk e soul si incontrano (peccato manchino dei fiati, ci sarebbero stati a pennello).

Una produzione un poco più coraggiosa probabilmente avrebbe aiutato il disco a spiccare il volo: le canzoni rispettano ogni segreto del rock’n’roll, hanno in serbo ganci melodici sempre efficaci e restano in testa rapidamente, gli arrangiamenti vocali sono semplicemente perfetti; peccato appunto per il suono un po’ troppo edulcorato e corretto, forse qualche sporcizia in più avrebbe aggiunto un quid a un disco che comunque compie l’impresa di suonare vivo e stimolante pur rimasticando cose ampiamente risapute. Ma quando c’è il tocco, non c’è nulla da fare: prendete “Every Chance I Get”, ad esempio: un pugno di note di basso, una batteria minimale e ossuta come nella miglior tradizione di certe musiche black, una chitarra a cercare spigoli blues, una voce languida e vagamente nasale che a tratti fa pensare ad una risposta femminile a Ray Charles, poi un’apertura teatrale da perfetto copione soul; “Every Chance I Get” è fatto di poco, ma suona semplicemente magistrale. “Now” invece sembra una rivistazione di “Tomorrow Never Knows” dei Beatles, lo stesso incedere incalzante su armonie  su cui si stendono vaghi fumi psichedelici, per un altro centro pienissimo. Chiude il programma la paradigmatica “Love And Hard Times”, con una Lisa Kekaula vestita da predicatrice della domenica mattina, capace, assieme alla sua accolita di invasati del punk funk rock soul, di fare un vero e proprio miracolo: convincere pienamente uno che di solito perde testa e orecchie per suoni molto diversi da questi e ha qualche diffidenza verso un certo tipo di classicità. Ma qui non c’è nulla da discutere, ci sono solo dei maestri da applaudire, e speriamo di incrociarli presto dal vivo, un loro concerto dev’essere sicuramente una pacchia. Chapeau, Bellrays.

Tracklist

01. Bad Reaction
02. I Can’t Hide
03. Man Enough
04. Perfect
05. Brand New Day
06. Junior High
07. Never Let A Woman
08. Every Chance I Get
09. Now
10. Love and Hard Times