THE BARBACANS, A Monstrous Self-Portrait
Il quartetto marchigiano giunge al terzo disco e prosegue bene – difficile avere dubbi data la natura cristallina della proposta – quella che pare proprio una missione: suonare in un certa maniera, cioè nel modo più fedele possibile ai canoni che ama di più, quindi garage-rock venato di punk con spruzzate di immancabile tastiera Farfisa quando serve.
La verve non manca, si evince dall’evidente piglio esecutivo, si nota in particolare in “The Brightest Star”, unita al chitarrismo esasperato e vivo, come nel bubblegum-punk di “You Tell Me”. Il secondo lato si apre con la tempesta fuzz di “Black Friday”, che ricorda la lezione dei padri Blue Cheer (meno pachidermici del solito, però) con protagonista un sax, elemento che riporta pure agli Stooges, mentre la successiva “Last Night Fun” tiene a mente le melodie dei Grand Funk Railroad. Avrete capito che è un po’ la fiera delle citazioni, ma non potrebbe essere altrimenti, viste le intenzioni eminentemente celebratorie della band (spiccano comunque “Tall Man” e la strana traccia in chiusura, tutta urla e parti funeree di basso, con l’organo a ricamare la melodia). Ai Barbacans piace suonare così e va detto che lo fanno bene, niente di più e niente di meno. Astenersi seguaci dei trend a tutti i costi.