THE AMMONOIDS, Survivors Of The K-T Boundary
La formula degli Ammonoids è tanto semplice quanto efficace: si parte da una base di punk rock su cui si innesta una buona dose di hardcore melodico, un pizzico di rock’n’roll e linee ai confini dell’emo-indie per un mood che sa di adolescenza mai superata e ricordi di estati passate, tra divertimento e nostalgia. Ci sono pure un paio di pezzi tirati e carichi di energia, un brano strano come “13” e in generale una buona dose di variazioni sul tema che fanno arrivare in fondo senza annoiarsi. A tratti ricordano un mix tra Social Distortion, Bad Religion e Screeching Weasel (almeno ad un vecchio come me) con una strizzata d’occhio sia a ciò che viene subito prima in fatto di cattiveria e ciò che viene subito dopo, così da rimettere in gioco continuamente gli equilibri interni. Il tutto senza scadere mai troppo nello sdolcinato ma anche senza la paura di farlo, si capisce che suonano ciò che piace loro e che non si fanno troppi problemi ad acchiappare o spaventare potenziali ascoltatori. Chi ha amato un disco come Balboa Fun*Zone degli Adolescents non potrà ripensare alla macchinetta per tatuaggi di “It’s Tattoo Time” richiamata dal modem 56K che fa la sua comparsa su “Self Destruction” ed è una trovata a dir poco riuscita. Testi in prima persona che parlano di vita quotidiana e di più o meno gravi conflitti interiori e interpersonali, mai banali o troppo scontati, eppure chiari e dritti al punto. Tutto gira al punto giusto e il disco rischia di diventare il tipico instant classic, con pezzi che si infilano in testa e viene facile canticchiare già dopo un paio di ascolti, ma che al contempo sanno imprimersi in mente senza venire a noia troppo presto. Insomma, Survivors Of The K-T Boundary non inventa nulla, non cambia le regole del gioco né si candida a sconvolgere chissà cosa, ma è anche un lavoro di cui ci si può innamorare facilmente e che spiega bene la differenza tra chi vuole raggiungere uno scopo e decide a tavolino cosa fare e chi semplicemente suona ciò che lo diverte e gli viene naturale, soprattutto con cognizione di causa. Tutto qui, ancora una volta si ottiene ciò che si vede e non si gioca ad imbonire l’acquirente con promesse mirabolanti, anzi, forse è il caso di dire che almeno in questo caso il risultato supera di parecchio le aspettative.