TERMINAL DEATH, Terminal Death
Per chi ama il death metal è quasi compulsivo indagare l’underground per sviscerare le origini di quel suono. Death e Possessed sono gli indubbi numi tutelari. Lo stesso termine “death metal” fa riferimento al demo dell’84 dei Possessed, anche se, secondo qualcuno, il termine deriverebbe dal demo dei Mantas (il gruppo pre-Death): Death By Metal, dello stesso anno. Per la cronaca, una terza versione meno accreditata ne assegna le origini al pezzo “Death Metal” degli Onslaught. Secondo una quarta versione, la meno diffusa ma altrettanto plausibile, il termine deriverebbe dalla compilation “Death Metal” edita dalla Noise nel 1984 (includeva due pezzi inediti degli Hellhammer, tra l’altro). Comunque, c’era un altro gruppo che è oggi riconosciuto come uno dei padri del death metal, cioè i Master di Paul Speckmann (e i Death Strike, che dei Master sono una incarnazione). Questi ultimi erano di Chicago (città che evidentemente amava essere all’avanguardia, visto che da lì provenivano anche due dei primi gruppi speed/thrash americani, Znowhite e Zoetrope), città dove erano attivi anche altri due gruppi loro contemporanei e con i quali condividevano le stesso stile musicale: i Devastation e – alla fine ci siamo arrivati – i Terminal Death. Nel gruppo suonava Shaun Glass, il quale, per un famoso rehearsal, suonò anche nei Master (fu la loro unica registrazione in sala prove, che contribuì a farne enormemente girare il nome nell’underground, all’insaputa di Paul Speckmann tra l’altro).
Il demo dell’85 dei Terminal Death è puro proto-death metal, che non deve invidiare nulla ai gruppi contemporanei, inoltre la qualità sonora è ottima, quindi è tutto da godere. Il disco contiene anche dei rehearsal dell’85 e dell’86, qualità sonora mediocre, ma restano comunque un documento. Il gruppo si sciolse poi nel 1986. Shaun Glass tornò fuori dopo poco coi Sindrome (e oggi è ancora attivo con i Broken Hope), Nick Stevens invece stava con gli Impulse Manslaughter. Master, Devastation e Terminal Death sono tutti musicalmente accomunabili e tutti e tre avrebbero potuto lasciare un segno enorme nell’underground se solo avessero avuto più continuità e fortuna e un po’ meno sprovvedutezza. I Master sono sempre attivi, è vero, ma all’epoca persero il treno giusto a causa del loro essersi affidati a Kim Fowley, già manager delle Runaways, che fece loro perdere il contratto con la Combat Records. Oggi ci dobbiamo accontentare di ristampe come questa, che rendono giustizia a quello che avveniva negli anni formativi. Voto: serve!