Customize Consent Preferences

We use cookies to help you navigate efficiently and perform certain functions. You will find detailed information about all cookies under each consent category below.

The cookies that are categorized as "Necessary" are stored on your browser as they are essential for enabling the basic functionalities of the site. ... 

Always Active

Necessary cookies are required to enable the basic features of this site, such as providing secure log-in or adjusting your consent preferences. These cookies do not store any personally identifiable data.

No cookies to display.

Functional cookies help perform certain functionalities like sharing the content of the website on social media platforms, collecting feedback, and other third-party features.

No cookies to display.

Analytical cookies are used to understand how visitors interact with the website. These cookies help provide information on metrics such as the number of visitors, bounce rate, traffic source, etc.

No cookies to display.

Performance cookies are used to understand and analyze the key performance indexes of the website which helps in delivering a better user experience for the visitors.

No cookies to display.

Advertisement cookies are used to provide visitors with customized advertisements based on the pages you visited previously and to analyze the effectiveness of the ad campaigns.

No cookies to display.

TENEBRA, Moongazer

L’ep What We Do Is Sacred!, uscito una manciata di mesi fa per spezzare l’attesa del nuovo album, aveva saputo stuzzicare a dovere la nostra curiosità: appariva infatti evidente già dal brano “Cracked Path”, anteprima di Moongazer, come la band avesse saputo far tesoro del tempo trascorso per affinare la scrittura e concentrarsi sulla composizione di brani che non si limitassero a far da spot per la bravura dei musicisti coinvolti. L’ascolto del disco nella sua interezza dimostra la bontà della nostra intuizione: i nove pezzi offrono all’ascoltatore un viaggio tanto vintage nei suoi riferimenti settantiani quanto forte di una personalità che si dimostra assolutamente all’altezza della situazione. Quello che colpisce è proprio la presenza di canzoni che entrano in testa e si lasciano memorizzare al di là della indiscutibile tecnica contenuta, un aspetto che spesso viene sottovalutato in situazioni similari e che – soprattutto – va oltre la mera forma, in quanto legato più al feeling e alla passione che non allo studio della materia. Non va poi dimenticato il tocco apportato dalla voce di Silvia, con quel graffio tipico di cantanti quali Janis Joplin (mi scuso in anticipo per il riferimento scontato e poco “per intenditori”) che contribuisce ad aumentare la corposità di brani che hanno dalla loro già una forte componente materica: per spiegarmi meglio, è come quando si assapora un whiskey torbato e si sente quel retrogusto forte di terra che lo rende differente da qualsiasi altro. Qua e là, si avverte anche un che di “stonato” in grado di riposizionare le lancette in avanti, ma è un a attimo, perché tutto il disco è impregnato di altri umori ben più distanti nel tempo e che vanno dalla psichedelia al blues, dal soul al proto-metal con tanto robusto hard-rock a tenere insieme il tutto. Non bastasse la bravura dei quattro, ecco ad aiutarli un parterre di ospiti d’eccezione, a cominciare dalla punta straniera, quel Gary Lee Conner (Screaming Trees, ma serve precisarlo?) che offre la sua chitarra per l’assolo di “Moon Maiden”, ma non meno interessanti appaiono i contributi dei nazionali Giorgio Trombino (Assumption, Bottomless, Becerus, Sixcircles, Dolore…), sax in “Space Child”, Riccardo Frabetti (ex The Tunas, CHOW), cori in “Winds of Change”, e Bruno Germano (IoSonoUnCane, Arto e precedentemente Settlefish), mellotron e slide su “Dark And Distant Sky”, oltre che responsabile del missaggio del tutto. Insomma, di carne al fuoco dentro Moongazer ce n’è davvero moltissima e non ci sorprenderebbe vedere la band utilizzarlo come biglietto da visita per ottenere un posto nel bill di qualche Roadburn o Desert Fest che dir si voglia, del resto l’impressione è che se fossimo stati all’estero avrebbero già indossato la maglia della big league. Vedremo se ci abbiamo preso, per ora le promesse sono state mantenute e la nuova sfida lanciata.