Tenebra, il sabba di Atlantide
La prima buona notizia di questa primavera è stata la possibilità di vedermi dal vivo un paio di band che aspettavo al varco con i nuovi dischi, parlo di Plakkaggio e Tenebra. Il fatto di riuscire a beccarle insieme a Bologna in occasione del Solidarity Fest (A Skeggia, 27 marzo) ha aggiunto la classica ciliegina sulla torta e mi ha permesso di confermare il potenziale live dei Tenebra, in grado di conquistare un pubblico moto vario e preso in gran parte alla sprovvista dalla loro proposta fortemente virata Seventies. Del resto a suonare sono tre musicisti tanto rodati quanto in sintonia tra loro, in grado di creare brani in perfetto equilibrio tra tecnica e potenza, resi poi graffianti dalla voce di Silvia. Ecco, quindi, la voglia di scoprire di più dalle loro vive voci.
Ciao, cominciamo con il presentare la band: a parte Silvia, credo di aver visto gli altri sul palco con formazioni differenti varie volte. Com’è nata l’idea di unirvi per formare i Tenebra?
Emilio (chitarra): Ciao Michele! Beh sì, io, Mesca e Claudio veniamo tutti dallo stesso giro legato al punk e al DIY. Semplicemente abbiamo in comune la stessa grande passione per l’heavy rock e la psichedelia, quindi ci è sembrato naturale unire le forze. Poi insomma, siamo tutti e tre “grandicelli”, quindi avevamo anche voglia di fare qualcosa di diverso da quello che facevamo un tempo.
Tra l’altro siete stati legati ad un posto fondamentale con Atlantide: vi va di condividere con noi qualche ricordo e che cosa ha rappresentato un luogo simile per Bologna e non solo?
Mesca (batteria): Atlantide ha rappresentato molto per la città in termini musicali e sociali. Era un posto davvero unico in cui, soprattutto agli inizi, c’era un ecumenismo di generi pazzesco. Nella stessa serata potevi vedere suonare il gruppo grind, una band indie e un cantautore folk, fu una vera boccata d’aria fresca, dopo gli anni Novanta, che almeno qua a Bologna furono piuttosto settari.
Emilio: Uno dei ricordi più belli che ho di Atlantide fu quando Fabrizio ed Enrico ci invitarono, con i Settlefish, a suonare con i Lungfish. Al di là del concerto insieme ad uno dei miei gruppi preferiti di sempre, fu bellissima anche la cena organizzata sotto il portico, a fine settembre, al tramonto. Era davvero un posto magico!
Moongazer è stato anticipato dall’ep What We Do Is Sacred!, un titolo che richiama alla mente il famoso ep dei Germs, una scelta voluta e un omaggio al vostro background?
Claudio (basso): Senz’altro! Ci piaceva il gioco di parole, ma anche un po’ rompere il cliché legato al doom/stoner di titoli che contengono le parole “mammooth”, “fuzz”, “dope”…
Visto che si è parlato di posti di aggregazione come Atlantide e di diy, cosa pensate dello stato della cultura e di come viene gestita la socialità nel nostro Paese?
Emilio: Che le amministrazioni hanno guardato a quei luoghi solo come problemi di ordine pubblico, salvo poi, passati un po’ di anni, celebrarne puntualmente l’importanza culturale in qualche mostra o rassegna fotografica organizzata dal comune stesso! C’è poco da discutere: almeno qua a Bologna i luoghi occupati hanno rappresentato la sussidiarietà, de facto, alla politica, per quel che riguarda l’aggregazione giovanile e la promozione culturale. Tutto quello che di importante, in termini di avanguardie musicali e artistiche, è successo a Bologna negli ultimi 50 anni, è uscito da uno squat, un centro sociale o dal movimento. La politica è stata incapace di capire e tutt’al più ci ha messo un cappello sopra quando oramai era troppo tardi.
Il nuovo disco esce per la New Heavy Sounds e l’artwork porta l’inconfondibile tratto di Marcello Crescenzi (Rise Above), come sono nate questa collaborazione e cosa rappresenta l’immagine della copertina?
Silvia (voce): Con New Heavy Sounds e Seeing Red, che sono le due etichette che collaborano all’uscita del disco, i rapporti esistono dall’uscita di Gen Nero. È stato un lungo corteggiamento, ma alla fine siamo riusciti a trovare un accordo che accontentasse tutti. Noi poi ci tenevamo ad avere dei rapporti con etichette serie, quindi non come molte label italiane che ti chiedono i soldi per stampare il disco, e soprattutto che stessero nei luoghi dove il rock ha ancora qualche importanza.
Mesca: Con Marcello ci conosciamo da anni! Disegnò anche una copertina per gli ED, la mia vecchia band. Ci interessava avere una copertina che avesse un aspetto simbolico e vagamente esoterico e abbiamo pensato subito a Marcello, perché lui è molto appassionato di queste cose.
Il vostro suono affonda le radici nell’occult rock e nella psichedelia anni Settanta eppure ha parecchio altro dentro in grado di renderlo più personale e attuale. C’è qualche regola o modus operandi rispetto a ciò che può confluire nei vostri brani o vi lasciate completamente liberi in fase compositiva?
Emilio: Ma no, direi che non ci precludiamo nulla coscientemente, poi è chiaro che la band sia nata su determinati presupposti e quindi la matrice dei pezzi nasce dall’amore per un certo suono. Diciamo, però, che una volta che la struttura di un pezzo è stesa, su quella si possono innestare influenze diverse, sfumature un po’ devianti.
In generale, come nascono i brani? C’è un compositore principale o ciascuno apporta le proprie idee in fase di creazione dei brani?
Claudio: Beh diciamo che spesso è Emilio ad arrivare con un abbozzo dei riff che comporranno una canzone, ma poi ci lavoriamo tutti insieme, perché credo che lui, volutamente, porti delle cose un po’ grezze, in modo che nel processo di raffinazione ognuno ci possa mettere del suo. Silvia invece è completamente responsabile delle melodie vocali e dei testi.
Una delle caratteristiche del vostro suono è l’incredibile voce di Silvia, per cui mi piacerebbe chiederle come è nata in lei la passione per queste sonorità e quali sono le voci cui si sente più legata come cantante.
Silvia: Sono sempre stata affascinata dalla scena musicale underground degli anni Sessanta e Settanta, in particolare dalle sonorità con forte enfasi sui riff densi di chitarre spesse, pesanti e sull’improvvisazione, per creare un’atmosfera heavy e oscura allo stesso tempo. Come per il sound, anche per la voce, sicuramente i Buffalo australiani, i Warhorse inglesi, poi Frijid Pink, Jerusalem, Toad, Bolder Damn, Frumpy, Sir Lord Baltimore, i Crow americani, Jamul, Fear Itself, Bloodrock, Jerusalem, Yesterday’s Children, Primevil and so on…
E a livello di testi, come nascono e cosa li influenza? C’è un argomento o un tipo di immaginario cui ti piace far riferimento al loro interno?
Silvia: I miei testi raccontano per lo più del mio turbamento interiore che viene nobilitato attraverso la performance. Attingono ad un universo tematico occulto e alla letteratura, alle volte a stralci di articoli della stampa underground della controcultura anni Sessanta/Settanta.
Avete anche realizzato un video per il brano “Moon Maiden”, ispirato se non sbaglio alla Santa Muerte e al simbolismo collegato (a partire dalla Luna). Come è stato dare una immagine alla vostra musica e ritrovarvi in un video?
Emilio: In realtà è il quarto video che facciamo! Ce ne fu uno per il vecchio disco, due per l’ep, e poi questo. Io lavoro nell’ambito dell’audio/video, quindi diciamo che ci viene facile. Sono comunque lavori a zero budget, alcune cose sono state girate addirittura con il cellulare. Io poi vengo da una generazione per la quale il videoclip ha avuto la sua importanza, non credo che oggi forse sia più così. In ogni caso sono divertenti da fare, è anche un modo per trascorrere un altro po’ di tempo insieme!
Nel disco compaiono alcuni ospiti che credo valga la pena presentare. Come sono nate queste collaborazioni e come si sono sviluppate?
Claudio: Ci sono parecchie ospitate, sì! Ci è venuto naturale, il disco ce lo siamo registrati da soli e quindi avevamo il tempo per accogliere contributi esterni, non essendo obbligati a rispettare le tempistiche dello studio. In Winds Of Change, ai cori, c’è Riccardo “Frabbo” Frabetti che suona nei Chow (e una volta cantava nei Tunas). I Chow sono uno dei nostri gruppi preferiti qua a Bologna e Frabbo è un vero talento! In Space Child, l’assolo finale di Sax è di Giorgio Trombino, che oltre a suonare con me negli Assumption è la mente dietro Bottomless e Becerus. Giorgio è un polistrumentista eccezionale, ha suonato anche il flauto traverso nella cover di Primitive Man che appare nell’ep. In “Dark And Distant Sky”, il mellotron e le slide sul finale sono di Bruno Germano (IoSonoUnCane e Arto), che suonava nei Settlefish con Emilio. Bruno ha anche mixato il disco e quindi ci è sembrato naturale sfruttare anche le sue capacità come musicista e arrangiatore. Infine, in “Moon Maiden”, suona Gary Lee Conner, che era il chitarrista degli Screaming Trees. Emilio è super fan e attraverso Marco Gargiulo (MetaversusPR, che è il quinto Tenebra, diciamo) siamo riusciti a trovare il suo contatto. Gli abbiamo passato il pezzo e nel giro di una settimana ci ha mandato la traccia con l’assolo! È stato super carino e ha collaborato gratis perché la canzone gli piaceva. Per noi è un grande onore.
Finalmente si potrà tornare a suonare in giro, come avete vissuto questo periodo di fermo forzato?
Mesca: Beh, in parte l’abbiamo usato per registrare gli overdub del disco, poi per le grafiche, il merchandise… Insomma abbiamo tentato di sfruttare il tempo morto per rifinire al meglio questa uscita a cui teniamo molto.
In generale che rapporto avete con l’attività live e con il vostro pubblico, che tipo di reazione ha chi vi scopre per la prima volta?
Silvia: Suonare dal vivo è la cosa che ci piace di più, credo che sia l’ambienta naturale dei Tenebra. Infatti anche i dischi, almeno le tracce di base, le registriamo dal vivo, senza trucco o inganno. Mi pare che la gente reagisca sempre in maniera entusiasta, ci ha fatto soprattutto piacere aver visto gente che normalmente ascolta cose diversissime da noi prendersi bene con le nostre canzoni. D’altronde è quello che ci interessa di più: farci apprezzare per la musica, non per il genere.
Grazie mille per il vostro tempo, vi lascio le conclusioni e le informazioni che volete aggiungere…
Emilio: Grazie a te Michele! Il 30 aprile suoneremo al Circolo Dev per il release party del disco. Se siete dalle parti di Bologna, venite a fare un saluto!