TEITANBLOOD, The Baneful Choir
Su queste pagine vi abbiamo più spesso parlato di come il metal estremo, nell’ultimo decennio, sia diventato sempre più caotico e impenetrabile. Ci sono però diversi modi di approcciare questo modo entropico di intendere la musica: c’è chi segue le coordinate molto classiche del death metal (la moltitudine di riff che offrono i Dead Congregation) e chi invece preferisce uno stile più minimale, trovando degli stratagemmi per risultare interessante, come nel caso dei Teitanblood. Provenienti da Madrid, non sono certo gli ultimi arrivati: dall’ormai lontano 2003, grazie ad uscite sempre molto curate, ci portano in abissi sempre più oscuri e profondi grazie a un black/death molto ribassato di tono, che riprende a piene mani da Von, Beherit e Repulsion (band fondamentale per questo stile, vedi l’incredibile influenza che ha avuto sui Blasphemy), ma che poi non si limita a un blastbeat continuo, riuscendo a rendersi godibile anche in tempi molto lunghi. Mentre il 90% dei gruppi con questo modo di fare risultano stucchevoli, gli spagnoli riescono a fare un disco di cinquanta minuti, con brani anche di sei-sette, che uno può ascoltare dall’inizio alla fine senza mai stancarsi, dando l’impressione di star conducendo un vero e proprio viaggio negli inferi. Questi sono stati gli ingredienti che 10 anni fa convinsero il pubblico estremo con quel gran disco che è Seven Chalices e che stanno continuando a portare avanti in questo nuovo The Baneful Choir. La splendida copertina, sempre ad opera di Timo Ketola (noto per aver curato gli artwork di una miriade di nomi come Watain, Negative Plane o Deathspell Omega, per farne alcuni) illustra alla perfezione il concept e il marasma sonoro contenuto nel disco. Se con l’ultimo ep Accursed Skin le coordinate stilistiche erano leggermente cambiate (in quel caso c’erano due brani di quasi un quarto d’ora l’uno, molto strutturati), adesso sono tornati alle mazzate di “soli 4-5 minuti” pieni di blastbeats e rallentamenti, il tutto condito da intro e outro dal vago sapore dark ambient “Rupture Below” e “Charnel Above”. Il quartetto ispanico risulta anche essere vincente in pezzi con una struttura più “thrash” (termine da prendere molto con le pinze) come “Verdict Of The Dead”. Molto ben riusciti anche episodi come “Inhuman Utterings” e “Sunken Stars”.
In tutto ciò, ancora una volta, i Teitanblood hanno dimostrato di come si possa fare del caos curando ogni dettaglio e risultando anche raffinati. The Baneful Choir è veramente bello, sta piacendo molto ai fan di queste sonorità ma può piacere anche a chi è attratto dal metal estremo molto oscuro ma che ancora non ha fatto definitivamente i conti con un certo tipo di rumorismo. Per il momento è da annoverarsi tra i migliori prodotti di questo 2019.